Venerdì scorso è arrivata la sentenza con cui il giudice del lavoro ha dichiarato illegittimo il licenziamento del primario Tateo all'interno della vicenda di Sara Pedri, ginecologa 31enne di Forlì scomparsa in Val di Non il 4 marzo 2021, ed è presto giunta anche la reazione della sorella Emanuela alla notizia. Quando è sparita, Sara affrontava da qualche tempo un senso di impotenza e prostrazione accumulato all’ospedale Santa Chiara di Trento che la avevano logorata, rendendole impossibile vedere una via d’uscita. Quanto emerso in seguito relativamente alle dinamiche interne al reparto aveva portato l’Azienda sanitaria trentina ad allontanare l’ex primario Saverio Tateo e la sua vice, Liliana Mereu, indagati poi dalla Procura per maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione.
La sorella di Sara, Emanuela Pedri, chiede ancora giustizia e afferma: "Tateo verrà forse reintegrato dall’Azienda sanitaria, ma delle accuse di mobbing risponderà di fronte a un tribunale penale". La famiglia di Sara è ancora in attesa di conoscere la verità e la giustizia e un primo passo sarà fatto con l’udienza preliminare del prossimo 24 novembre:
Emanuela Pedri sottolinea così il ruolo che il caso della sorella ha giocato nel convincere tante donne a parlare di dinamiche negative e nocive per la salute mentale - e non solo - negli ambienti di lavoro, e in particolare negli ospedali: "Le donne hanno visto in Sara e nel suo caso la possibilità di un riscatto, per poter essere finalmente ascoltate e credute". Il rischio temuto da Pedri è che il reintegro di Tadeo possa ricacciare tutte queste donne "in quella solitudine senza via d’uscita che ha ucciso Sara". Sara continua a vivere nella lotta quotidiana di tutte le donne che si sono già esposte o di quelle che devono farlo: