Matteo Messina Denaro ha lasciato il suo testamento scritto in un pizzino datato 2013, in cui esprimeva le sue ultime volontà per i propri funerali e dichiarava il suo rapporto con Dio e con la Chiesa che vedeva corrotta.
La morte di Matteo Messina Denaro rappresenta la fine di una storia di dolore e violenza, per il nostro paese. Il boss mafioso responsabile delle stragi di Capaci e via D'Amelio, nonché degli attentati del 1993 a Roma, Milano e Firenze, è scomparso all'ospedale de L'Aquila, per le conseguenze di un tumore al colon.
La salma è, ora, sottoposta ad autopsia, al termine della quale verrà riconsegnata ai parenti per essere seppellita a Castelvetrano, sua città natale. Non ci saranno, tuttavia, i funerali, per volontà del boss mafioso, espressa in un pizzino ritrovato nel suo covo, perquisito dopo l'arresto.
Nel biglietto Messina Denaro chiarisce i motivi della sua decisione, dovuta a una visione della Chiesa e dei suoi rappresentanti decisamente critica.
Le ragioni per questo rifiuto e per questa critica feroce nei confronti della Chiesa sono da ricercarsi nel periodo in cui il pizzino venne scritto dal latitante. Il foglio risale, infatti, al maggio 2013, quando venne proclamato beato don Pino Puglisi, il prete antimafia del quartiere Brancaccio di Palermo, ucciso in un agguato malavitoso il 15 settembre del 1993.
La beatificazione del parroco deve aver rappresentato, agli occhi di Messina Denaro, un gesto inaccettabile, in virtù dei significati di distacco e di lotta a Cosa Nostra che esso conteneva.
Il boss sottolinea, infatti, come il suo rifiuto di funerali sia dovuto a un rapporto con Dio che lui vedeva come "personale" e "senza intermediari".
Il rifiuto delle esequie è, dunque, un rifiuto di quei preti, vescovi e sacerdoti che avevano dichiarato la propria, netta distanza dalla mafia, ritenuti da Messina Denaro indegni di poterlo giudicare.