Nel giorno della consegna dell'Ambrogino d'Oro ai familiari di Giulia Tramontano, il legale che li assiste dopo l'omicidio della 29enne da parte del convivente Alessandro Impagnatiello, l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, è tornato a parlare dell'efferatezza con cui il 30enne avrebbe avvelenato per mesi la compagna e il bimbo che portava in grembo, Thiago, mentre fingeva di essere felice.
ha dichiarato, in un'intervista rilasciata a Fanpage in attesa del processo a carico di Alessandro Impagnatiello, che si aprirà davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Milano il 18 gennaio, l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, che assiste, in questa delicata fase, la famiglia di Giulia Tramontano.
Il riferimento è a quanto emerso nel corso delle indagini e cioè che il 30enne finito in carcere avrebbe tentato per mesi di avvelenare la compagna e il bimbo che portava in grembo, somministrando loro topicidi, ma anche ammoniaca e cloroformio acquistati online sotto falso nome. Tentativi che si sarebbero fatti sempre più frequenti nei mesi immediatamente precedenti all'omicidio, consumatosi il 27 maggio scorso.
Un omicidio brutale, che Impagnatiello ha ammesso di aver commesso "senza motivo", ma che in realtà, secondo gli inquirenti, troverebbe una spiegazione nella trappola in cui il 30enne si era infilato conducendo una vita parallela e da cui forse sperava di poter uscire. Da circa un anno, infatti, frequentava anche un'altra ragazza, una sua collega italo-americana.
Era stata lei a rendersi conto che Impagnatiello mentiva ad entrambe, mettendone al corrente Giulia che, dopo averlo perdonato, di recente si era convinta a lasciarlo. Il giorno dell'omicidio aveva incontrato "l'altra" nell'Armani Bamboo bar di Milano, dove anche Impagnatiello lavorava, e, dopo aver appreso che anche lei era rimasta incinta (decidendo di abortire), le aveva confessato di essere pronta a costruirsi una nuova vita. Una volta rincasata, l'agguato mortale.
Impagnatiello l'aveva colta di sorpresa alle spalle, colpendola al collo e poi in altre parti del corpo con un coltello, fino ad infliggerle 37 ferite, di cui alcune mentre era già esanime. Secondo l'autopsia, la giovane sarebbe morta dissanguata. Poi il 30enne aveva provato a bruciarne il corpo nella vasca da bagno e nel box auto, nascondendolo in una cantina e nel bagagliaio della sua auto.
Denunciandone la scomparsa ai carabinieri aveva ipotizzato che si fosse allontanata volontariamente, ma nessuno gli aveva creduto: dove poteva essere arrivata una donna incinta, a piedi, di notte? Nel corso di una perlustrazione della scientifica nella loro casa di Senago, resosi conto di non avere scampo, era crollato. Dovrà rispondere di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza: rischia l'ergastolo.
Mentre l'inizio del processo a carico di Impagnatiello si avvicina, a Milano nella giornata di oggi, 7 dicembre, il sindaco Beppe Sala consegnerà ai familiari della vittima l'Ambrogino d'Oro. Si tratta di un gesto simbolico, per fare in modo che lei e la sua storia non vengano dimenticati.
A ritirarlo saranno la madre e il padre. La sorella, Chiara, ha ringraziato a loro e a suo nome il Comune milanese per il prezioso riconoscimento.
ha fatto sapere in una nota inviata a Milano Today. La sua speranza è che Impagnatiello paghi per il brutale delitto che ha commesso, privando per sempre lei e i suoi cari della presenza e dell'amore di Giulia e del suo bambino. Se non fosse stata uccisa, la 29enne lo avrebbe portato con sé a Sant'Antimo, dov'era nata e cresciuta. Lì insieme si sarebbero costruiti una vita migliore, circondati dagli affetti.