Chi sono i colpevoli della strage di Erba? Perché i loro difensori hanno chiesto la revisione del processo a loro carico? Sono ancora tanti gli interrogativi che ruotano attorno al caso di pluriomicidio che l'11 dicembre del 2006 sconvolse la piccola cittadina in provincia di Como. Per la vicenda i giudici hanno condannato in via definitiva all'ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, ma sulla loro colpevolezza c'è chi ancora nutre dei dubbi.
Era la sera dell'11 dicembre del 2006 quando i vigili del fuoco di Erba, a Como, furono chiamati ad intervenire per spegnere le fiamme di un incendio divampato in uno degli appartamenti del condominio al civico 25 di via Armando Diaz.
Quando arrivarono, oltre alle fiamme trovarono un uomo ferito, Mario Frigerio, e quattro corpi: quello di sua moglie Valeria Cherubini (55 anni) e quelli dei vicini di casa Raffaella Castagna (30 anni), il figlio Youssef Marzouk (2 anni) e la madre Paola Galli (57 anni). Erano stati assassinati.
Le indagini portarono all'individuazione di due sospettati, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Sarebbero stati loro, secondo i giudici, a compiere la mattanza, con l'uso di spranghe e coltelli, per "vendicarsi" dei presunti torti subiti dalla famiglia Marzouk, che risiedeva al piano superiore rispetto al loro.
Ad incastrarli fu il ritrovamento, all'interno dell'auto di Olindo, di una traccia ematica appartenente a Valeria Cherubini, ma anche la testimonianza del marito, unico sopravvissuto a quella che i giornali avrebbero rinominato la "strage di Erba": Mario Frigerio, che si salvò grazie ad una malformazione congenita della carotide e che puntò subito il dito contro il marito di Rosa.
Poi i due, arrestati e incarcerati, confessarono, raccontando nei minimi dettagli come si svolsero i fatti e furono condannati in via definita all'ergastolo.
Secondo qualcuno però i due sarebbero in carcere da innocenti. Dopo la confessione, loro stessi cambiarono versione: dissero di essere stati spinti a parlare dagli inquirenti, con la promessa che, se l'avessero fatto, avrebbero potuto trascorrere la detenzione insieme.
Da quel momento iniziarono a dichiararsi estranei ai fatti. L'ipotesi avanzata da più parti è che siano stati incastrati dai reali autori del reato. Che il delitto di via Diaz si sia consumato nell'ambito degli affari di spaccio di Azouz Marzouk, il compagno di Raffaella Castagna, che al momento dei fatti era in visita ai familiari in Tunisia.
Lui stesso, nel tempo, ha più volte ripetuto di non credere al fatto che i veri colpevoli possano essere Olindo e Rosa. Per questo i legali che li difendono, gli avvocati Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola e Patrizia Morello, hanno chiesto la revisione del processo a loro carico.
I presupposti sono due: la raccolta di "nuove prove", elementi mai analizzati prima; e "la sussistenza della cosiddetta 'lettera d', che sta a significare che, a nostro giudizio, sono stati compiuti degli errori (nel corso delle indagini e del processo, ndr)", aveva spiegato a Tag24 l'avvocato Schembri.
Si tratta della terza richiesta di riapertura, dopo quelle avanzate negli scorsi mesi dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser e dal tutore dei due coniugi, Diego Soddu. La decisione finale spetta ora alla Corte d'Appello di Brescia.
Dalla condanna di Olindo e Rosa sono intanto passati 17 anni. L'opinione pubblica continua a dividersi tra colpevolisti e innocentisti. I due coniugi, dal loro canto, "sperano che possa accadere qualcosa - ci aveva riferito il loro difensore -, ma dopo tutto questo tempo sono disillusi".