Si terrà oggi dalle 17 la manifestazione indetta dal Comune di Naro in memoria di Delia Zarniscu e Maria Rus, le due donne di origini romene uccise da un connazionale la sera del 4 gennaio scorso nella cittadina in provincia di Agrigento. Sarà un'occasione per ricordare loro e le loro storie, ma anche per mostrare solidarietà alle famiglie prima dei funerali, in programma per sabato 13 e lunedì 15 gennaio. Ne abbiamo parlato con la sindaca Maria Grazia Brandara, che si è detta sconvolta per l'accaduto e che, in concomitanza delle esequie, proclamerà il lutto cittadino.
Sindaca, qual è il significato della manifestazione indetta per oggi pomeriggio in memoria delle due donne uccise e perché questo titolo, la marcia dei 200 passi?
"Abbiamo voluto organizzare un raduno nella piazza che è equidistante dalle abitazioni di Delia e Maria per ricordarle. Il titolo, la 'marcia dei 200 passi', sta ad indicare il percorso che faremo, perché dopo il tributo silenzioso, commosso, nella piazzetta di Sant’Erasmo – così chiamata dai naresi perché situata davanti all’omonima chiesa -, ci sposteremo nelle case delle due donne trucidate per deporre un simbolo, un fiore in memoria di ciascuna. Sarà presente anche il console della Romania a Catania. Insieme ci stiamo raccogliendo attorno alle famiglie delle vittime.
La sorella di Delia è arrivata dalla Romania per assistere al funerale, che sarà celebrato nella giornata di domani. Per Maria – la cui figlia abita a Naro – sarà celebrato invece nella giornata di lunedì. Manifesteremo concretamente la nostra vicinanza, dicendo 'no' ad ogni forma di violenza. Questa vicenda ha travolto la nostra serenità. Serenità di città accogliente, perché la comunità romena qui è molto integrata. Ed è stata anche importantissima per l’apporto fornito agli inquirenti per arrivare alla soluzione del caso (con l’arresto del 24enne Omar Edgar Nedelcov, accusato di duplice omicidio e vilipendio di cadavere, ndr)".
Lei, sindaca, conosceva le due donne uccise?
"Purtroppo no. Avrò incrociato qualche volta una delle due, Maria. L’altra so chi era perché era stata sposata con un ragioniere di Naro. Dico era stata perché il marito poi è morto".
Dell’uomo che le ha uccise in un post pubblicato su Facebook ha detto, invece, che non è un mostro, ma una persona comune. Perché?
"Se noi etichettiamo uno come mostro sappiamo chi è e gli stiamo debitamente lontani. Il problema è che anche le persone che sembrano normali, che ci stanno accanto o che incontriamo per caso, da cui non ci aspetteremmo mai certi comportamenti, certe cose, possono arrivare a farlo.
Tra me e me facevo anche un’altra riflessione. Quando nacque la televisione ci si rese conto che la popolazione italiana era molto ignorante. Il professor Alberto Manzi inventò una trasmissione, Non è mai troppo tardi, per alfabetizzare gli spettatori, cosa che si è riusciti egregiamente a fare. Ora abbiamo un compito, in primis la politica, ma mi permetto di dire anche la stampa, che è quello di educare la gente, per esempio sull’utilizzo dei social, altrimenti si rischia l’emulazione, l’istigazione all’odio. Nel virtuale è come se tutto diventasse normale, ci si sente quasi 'eroi'.
Dobbiamo scongiurarlo, perché altrimenti non metteremo mai fine alle piaghe sociali che affliggono la nostra società, inclusi i femminicidi. È impensabile che ci sia un bollettino quasi settimanale, se non di più. Dobbiamo ripensare al nostro ruolo, alla funzione pedagogica che abbiamo di far risaltare i valori, quelli veri, primo fra tutti il rispetto della persona, delle donne".