Il 2024 non è iniziato nemmeno da un mese e già le prospettive per l'economia italiana appaiono complicate. È quanto risulta dal vero e proprio allarme lanciato dal Centro Studi di Confindustria, che evidenzia "nuovi rischi" per la nostra economia. In particolare, la crisi nel Mar Rosso, con i continui attacchi dei ribelli Houthi, rappresenta un problema molto grave per l'export del nostro Paese e, in generale, per gli scambi commerciali che coinvolgono anche l'Italia.
L'analisi mensile del Centro Studi di Confindustria preannuncia tempi complicati per l'economia italiana e la situazione nel Mar Rosso e nel Canale di Suez rappresenta il primo indiziato per le difficoltà che ci aspettano.
In attesa o nella speranza che arrivi una soluzione nell'area - finora c'è stato solo l'annuncio di una possibile missione militare europea - le prospettive per l'export italiano e per l'intero sistema economico risultano particolarmente complesse.
Inevitabilmente, gran parte del commerci marittimo che transitava nel canale di Suez ha cercato altri sbocchi a seguito degli attacchi. Tutto questo, però, ha un costo che, nel caso di questa crisi, è decisamente elevato, pari quasi al doppio rispetto a quello di partenza.
#CongiunturaFlash | Il 2024 si è aperto con nuove tensioni e ulteriori #rischi per i flussi commerciali, dopo un fine 2023 con buoni segnali, soprattutto nei servizi. L’#inflazione è scesa in Italia, non ancora in Europa, i #tassi attesi in calo e il costo del #credito per le…
— Confindustria (@Confindustria) January 20, 2024
Gran parte dell'economia italiana e globale si basa, infatti, su scambi commerciali via mare.
Solamente per quanto riguarda il nostro Paese, infatti, l'analisi rileva che il 54% di tali scambi avviene su nave e, di questi, il 40% transitano proprio nel Canale di Suez. Percentuale che raggiunge il 90% a livello globale, di cui il 12% attraverso il Canale.
Una rotta cruciale, se si considera che viene attraversata dal 90% del nostro commercio con i Paesi dell'Asia e del Medio Oriente.
Ma quali sono i beni a rischio?
Anzitutto il petrolio e il gas, poi beni elettronici e attrezzature elettriche, beni in pelle e macchinari.