"Spero che tutti gli uomini simili brucino all'inferno". O, ancora: "Chi troverà questo scritto capirà, o io sarò morta, o sarà morto lui". Sono di questo tenore le frasi rinvenute dagli inquirenti sul diario di Makka Sulaev, la 18enne di origini cecene arrestata con l'accusa di aver ucciso il padre Akhyad, di 50 anni, nella loro abitazione di Nizza Monferrato, nell'Astigiano.
I fatti risalgono al primo marzo scorso. Stando a quanto ricostruito finora, Makka Sulaev avrebbe accoltellato il padre al culmine di una lite scoppiata all'interno dell'abitazione di famiglia perché il 50enne aveva chiesto a lei e alla madre Natalia di licenziarsi dopo aver perso il suo lavoro, incontrando la loro ferma opposizione. Sembra che non accettasse il fatto che fossero indipendenti e che, non di rado, le picchiasse davanti agli occhi inermi degli altri figli di 10, 11 e 14 anni.
Violenze gratuite, messe nero su bianco dalla giovane in un diario rinvenuto dagli inquirenti dopo il delitto, il cui contenuto è stato ora reso noto da La Stampa.
scriveva la giovane nelle pagine sequestrate, parlando degli atteggiamenti persecutori del 50enne e del suo modo di "educare" i suoi fratelli minori, "trascinando" la madre per mostrargli "come trattare una donna" quando "risponde o si comporta male".
proseguiva. Aveva paura che l'uomo prima o poi l'avrebbe uccisa: voleva difenderla. Per questo, stando al suo racconto, si sarebbe scagliata contro di lui. Al momento si trova agli arresti domiciliari in una comunità. A deciderlo è stato il gip del tribunale di Alessandria Riccardo Ghio, che non ha riscontrato come sussistente il pericolo di fuga, evitandole il carcere in attesa del processo.
Dopo essere stata arrestata, la 18enne aveva subito ammesso le sue responsabilità, raccontando agli inquirenti che l'avevano interrogata di aver aggredito a morte il padre perché da sempre, per via della sua cultura e della sua religione, era violento con lei e con la madre.
A dare l'allarme, chiamando i carabinieri, era stata la maestra privata che seguiva i suoi fratelli più piccoli, presente in casa al momento dei fatti: quando erano arrivati sul posto l'uomo era ancora vivo. Poco dopo era morto dissanguato a causa delle ferite riportate.
Chi lo conosceva e conosce la sua famiglia ha parlato di Makka come di "una ragazza diligente": sembra che oltre a studiare e a lavorare come cameriera si occupasse dei fratelli e della casa, aiutando la madre, impiegata come lavapiatti nel suo stesso ristorante. Ora in comunità potrà continuare a dedicarsi ai suoi studi.
Una decisione accolta di buon grado dalla preside e dai docenti del suo istituto, il Pellati di Nizza Monferrato, che si sono detti disposti ad aiutarla.
La sua storia ha ricordato a molti quella di Alex Cotoia, il 21enne da poco condannato a 6 anni e 2 mesi di carcere (dopo essere stato assolto in primo grado per "legittima difesa") perché il 30 aprile del 2020 uccise il padre Giuseppe Pompa per difendere la madre e il fratello dalla sua furia omicida.
Sembra che anche loro, come Makka e la sua famiglia, fossero vittime di continue vessazioni e minacce da parte dell'uomo, che era arrivato a provare nei confronti della moglie una gelosia ossessiva.
Il giorno dell'omicidio l'aveva seguita sul luogo di lavoro e l'aveva aspettata per rimproverarle il fatto che un collega le avesse poggiato una mano sulla spalla, facendola sorridere. Più volte ha dichiarato che se il figlio non fosse intervenuto, probabilmente oggi lei non sarebbe più tra noi.