Il trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici italiani rappresenta oggi più che mai una questione di grande attualità e dibattito. Questa prestazione, destinata ai lavoratori statali al termine della loro carriera, si trova al centro di una complessa situazione che coinvolge legislazione, tassi di interesse, e ritardi burocratici. Andiamo a vedere quali sono le ultime notizie sulla liquidazione del Tfs, tra aumento dei tassi di interesse e continui ritardi, anche dopo le ultime sentenze.
Il cammino verso una soluzione efficace per la gestione del Tfs è stato segnato da importanti sviluppi giuridici e legislativi. Nove mesi fa, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che ha ritenuto anticostituzionale la pratica di differire e rateizzare il pagamento del TFS, invitando il Parlamento a intervenire. In risposta, è stata avanzata una proposta di legge dal deputato Antonio Colucci del Movimento Cinque Stelle, mirante a ridurre drasticamente i tempi di pagamento a soli tre mesi. Tuttavia, ad oggi, tale proposta non ha ancora portato a una soluzione concreta.
Contemporaneamente, si assiste a un significativo aumento del tasso d'interesse, elemento che aggrava ulteriormente la situazione per i dipendenti pubblici. Questo incremento incide direttamente sui costi degli anticipi bancari del TFS, con interessi che possono superare i 2.000 euro per somme intorno ai 45 mila euro. Il rendistato, indice che influenza i tassi applicati dai prestiti, mostra una tendenza al rialzo non indifferente, passando da 0,3% a 3,5% in un arco di due anni. Tale situazione rende particolarmente oneroso per i lavoratori statali accedere a finanziamenti per anticipare la somma dovuta, portando molti a interrogarsi sulla convenienza di tali operazioni.
La sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità del pagamento dilazionato del TFS, introducendo un tasso di interesse agevolato all'1,5% per gli anticipi. Nonostante ciò, i dati mostrano che la maggior parte delle domande di anticipo presentate rimane in lavorazione o viene respinta, evidenziando una discrepanza significativa tra le intenzioni della sentenza e la realtà operativa.
Di fronte a questa realtà, l’INPS emerge come un'alternativa per ottenere anticipi sul TFS a condizioni più favorevoli, proponendo tassi di interesse agevolati. Più nel dettaglio, l'INPS offre la possibilità di ottenere un'anticipazione del TFS fino a un massimo di 45 mila euro, con un tasso di interesse agevolato all'1%. Sebbene questa opzione possa sembrare vantaggiosa, tuttavia, anche questa via si scontra con ostacoli, primi fra tutti i lunghi tempi di attesa dovuti a carenze di organico e ritardi burocratici, che spesso superano i sei mesi previsti.
Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell'INPS ha sottolineato l'importanza di un intervento legislativo che equipari i diritti dei dipendenti pubblici a quelli del settore privato in termini di liquidazioni, evidenziando la necessità di una risposta normativa che affronti in maniera definitiva la questione del TFS. Si sollecita, pertanto, un'azione concreta che vada oltre le parole, capace di risolvere l'impasse attuale e di garantire ai lavoratori statali un accesso equo e tempestivo a ciò che spetta loro per legge.
Uno degli aspetti più critici riguarda i tempi di attesa per l'erogazione del TFS, che possono variare notevolmente a seconda delle circostanze che hanno portato alla cessazione del rapporto di lavoro. I dipendenti pubblici si trovano di fronte a periodi di attesa che vanno dai 105 giorni, in casi di inabilità o decesso, fino a 24 mesi per dimissioni volontarie o altre cause. Questi ritardi sono spesso attribuibili non solo alla normativa vigente, ma anche alla carenza di personale dedicato all'elaborazione delle pratiche.