Ventisette anni di reclusione. Questa la condanna definitiva per Giulia Stanganini, la 41enne di Genova che tra il 2019 e il 2020 uccise prima il figlio piccolo e poi la madre. I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza emessa in Appello, che aveva ridotto dall'ergastolo la pena per la donna, riconoscendola seminferma di mente. La difesa aveva chiesto di assolverla.
La scoperta dei due delitti risale all'aprile del 2020: l'Italia era in pieno lockdown per il Covid-19 quando la donna, oggi 41enne, si presentò spontaneamente in Questura sostenendo di aver fatto a pezzi il corpo della madre Loredana Stuppazzoni, di 63. "L'ho trovata impiccata", disse ai poliziotti attoniti.
Le indagini, affidate ai pm Stefano Puppo e Sabrina Monteverde, svelarono tutt'altro: che era stata lei ad ucciderla. Il motivo? La scoperta, da parte della vittima, del precedente omicidio di cui la figlia si era macchiata: quello del figlio di appena tre anni, Adam, consumatosi nel novembre del 2019.
Stando a quanto ricostruito in seguito, l'avrebbe soffocato con un cuscino perché non sopportava che piangesse, dopo averlo nutrito quasi esclusivamente con omogeneizzati, facendolo dormire, in più di un'occasione, legato al passeggino.
Finita a processo, la donna fu condannata all'ergastolo per duplice omicidio, distruzione e occultamento di cadavere, ma anche maltrattamenti e utilizzo fraudolento del bancomat della madre: la difesa aveva provato a dimostrare che fosse inferma di mente, anche perché in udienza la Stanganini aveva dichiarato di essere stata presa dal panico, di non riuscire a capire perché avesse fatto ciò che aveva fatto.
Degli accertamenti, però, avevano portato i giudici a pensare che in realtà fosse capace di intendere e di volere, anche perché pare che sul web avesse cercato "madri che uccidono figli" e "come uccidere un bambino", confidando a una compagna di cella di aver agito per evitare che il figlio "facesse una vita di me**a".
I giudici della Corte d'Assise d'Appello, dopo una nuova perizia che ha riscontrato nella donna un disturbo della personalità e un lieve deficit cognitivo - riconoscendola seminferma di mente -, hanno ridotto la pena a 27 anni. Condanna ora resa definitiva dalla Cassazione.
La storia di Giulia Stanganini riporterà alla mente di molti quella di altre madri che negli anni si sono macchiate dell'omicidio dei figli. Si pensi, tra le altre, a quella di Annamaria Franzoni, tornata in libertà dopo aver scontato una condanna a 16 anni di reclusione per l'omicidio del piccolo Samuele Lorenzi, di tre anni, risalente al 2002.
La donna ha sempre negato di averlo ucciso. Ha fatto solo parziali ammissioni, invece, Veronica Panarello, finita in carcere a Torino per aver ucciso il figlio Lorys Stival, di 8 anni, a Santa Croce Camerina, nel Ragusano: il corpo del bimbo fu trovato in un canalone poco distante dalla scuola che frequentava a poche ore dalla denuncia di scomparsa presentata dalla madre, il 29 novembre del 2014.
Dall'autopsia eseguita dal medico-legale incaricato dalla Procura emerse che era stato strangolato con delle fascette elettriche. La madre, messa alle strette, puntò il dito contro il nonno, suo suocero, sostenendo che il bimbo li avesse scoperti insieme e che l'uomo lo avesse ucciso per evitare che spargesse la voce. Di recente è stata condannata a due anni per calunnia: si scoprì, poco dopo, che aveva mentito, e i sospetti si concentrarono proprio su di lei, che fu prima arrestata e poi riconosciuta colpevole "al di là di ogni ragionevole dubbio".