04 May, 2024 - 22:27

Elezioni Europee 2024, un "Manifesto per l'Europa", ecco il programma di Alternativa Popolare: dalla famiglia, all'ambiente, alla sicurezza fino all'indipendenza energetica e industriale e all'innovazione

Elezioni Europee 2024, un "Manifesto per l'Europa", ecco il programma di Alternativa Popolare: dalla famiglia, all'ambiente, alla sicurezza fino all'indipendenza energetica e industriale e all'innovazione

Elezioni Europee 2024, idee e progetti di un partito che non ha mai smesso di guardare all'Europa e alla sua fondamentale importanza, facendo in modo tale che l'Italia sia ancora più forte e solida proprio per dare la possibilità alla stessa Europa di essere ancora più forte e granitica.

Elezioni Europee 2024, un "Manifesto per l'Europa"

Tra i tanti partiti che da mesi parlano e discutono, quasi guardando e osservando l'Europa come un fastidio o come un qualcosa che deve supportare e anche sopportare, con tanti che vedono l'Italia che rincorre, Alternativa Popolare è uno dei pochi se non l'unico che guarda all'Europa come una speranza anzi da un certo punto di vista come l'unica speranza.

E lavorando in modo tale che l'Italia per prima diventi più forte, solida, indipendente e autonoma soprattutto da un punto di vista energetico e industriale, in modo che la stessa Europa sia ancora più forte e solida al tempo stesso.

Stefano Bandecchi Elezioni Europee 2024 Alternativa Popolare
Stefano Bandecchi Elezioni Europee 2024 Alternativa Popolare

E' un approccio diverso, una maniera di guardare le cose con lungimiranza e con parlare d'Europa come se fosse un fastidio o una specie di palla al piede. Per Alternativa Popolare, tra i partiti fondatori del Partito Popolare Europeo, il PPE, crede fermamente nel sistema Europa e nell'Europa in tutta la sua essenza e lo spiega ampiamente e in modo chiaro nel suo programma, ovvero tutte le cose che vuole fare, realizzare e costruire in Italia per l'Europa.

Il programma di Alternativa Popolare:

1.   LE RADICI DELL’EUROPA

Il progetto europeo deve ripartire dalle comuni radici giudaico-cristiane.

Pur nelle infinite differenze che caratterizzano le diverse tradizioni, in ogni città, paese, villaggio d’Europa c’è una chiesa cristiana (dal manifesto del Partito Popolare Europeo Apriamo insieme un nuovo capitolo per l’Europa).

Su questa base, e sui comuni valori che ne derivano, dobbiamo completare la costruzione del progetto che fu di De Gasperi, Adenauer, Schuman.

Negli ultimi cinque anni  l’Europa ha dimostrato, reagendo alla pandemia e alla drammatica guerra in Ucraina, una nuova e finora mai sperimentata capacità di solidarietà.

A partire da questo slancio, la rinnovata costruzione europea dovrà essere ancora più saldamente fondata sui propri pilastri storici e sulle comuni radici giudaico-cristiane e liberali: centralità della persona e della famigliaeconomia sociale di mercato per coniugare libera iniziativa e solidarietà; cura dell’ambiente come difesa del più prezioso patrimonio comune e opportunità di sviluppo economico a tutela della salute; rafforzamento del legame transatlantico; solidarietà tra i popoli; difesa dei confini comuni attraverso la costruzione di un esercito comune europeocentralità dell’Europa negli equilibri geopolitici mondiali.

La difesa e il rafforzamento di questi pilastri dovranno, nei prossimi anni, costituire la bussola che orienterà le nostre scelte politiche, rafforzandoci nel dialogo con ogni seria tradizione liberale e riformista. Solo in questo modo, infatti, saremo aperti a un incontro autentico con tutti gli uomini di buona volontà, nel rifiuto di qualsiasi forma di antisemitismo e di discriminazione di razza, genere, fede.

Per queste ragioni, Alternativa Popolare sposa convintamente il manifesto dei valori del Partito Popolare Europeo che, tra le famiglie politiche presenti in Europa, rappresenta integralmente i nostri ideali.

2.   L’EUROPA DELLA PERSONA E DELLA FAMIGLIA

Il popolarismo degasperiano si basa sulla centralità della persona come elemento fondamentale della comunità umana e sulla famiglia come nucleo fondante della società.

Rispettiamo il diritto di ciascuno di scegliere il tipo di unione che meglio realizzi la propria affettività e le proprie aspirazioni. Tuttavia è alla famiglia, nucleo della società, che devono essere orientate tutte le politiche che l’Unione Europea metterà in atto, imponendo ai Paesi membri il rispetto di criteri essenziali quali: l’equità fiscale e l’applicazione del quoziente familiare; l’implementazione di politiche di conciliazione e di misure per la libertà di educazione che permettano ai genitori di poter scegliere le modalità più adeguate per la crescita dei propri figli.

A questo proposito, nelle politiche di crescita dell’Unione dovrà essere centrale il sostegno alla natalità, la quale deve essere intesa non come un fatto privato ma come una reale e imprescindibile  prospettiva di sviluppoda sostenere con tutti gli investimenti necessari e, soprattutto, non ulteriormente rimandabili: le prospettive demografiche per i prossimi decenni indicano, senza alcun dubbio, l’urgenza di invertire il trend demografico che, ad oggi, rischia di portare allo spopolamento del continente europeo.

Nessuna famiglia europea dovrà essere lasciata sola: dalla previsione di incentivi alla fornitura di servizi di qualità per l’assistenza all’infanzia come asili-nido e scuole materne – garantendo altresì la drastica e inflessibile vigilanza su qualsiasi fenomeno di abuso sui minori – le politiche comunitarie dovranno essere in grado di garantire tanto i più piccoli quanto gli anziani, i disabili, le persone affette da malattie rare o gravemente invalidanti.

Particolare rilevanza dovrà rivestire l’attenzione alle politiche per i giovani, il futuro della comunità europea, affinché questi possano godere di un’occupazione sicura e tornare a contare sulla certezza di un futuro luminoso.  Serve un vero patto inter-generazionale, perché la politica non si limiti a relegare i giovani in una sorta di recinto protetto, ma li veda come attori essenziali per lo sviluppo dell’oggi e del domani.

A livello europeo, la lotta alla violenza di genere dovrà essere inflessibile. Le istituzioni comunitarie e gli Stati membri dovranno proseguire gli sforzi per assicurare pari diritti e opportunità per tutte le cittadine e tutti i cittadini europei. Un obiettivo fondamentale, a questo proposito, il rafforzamento della presenza femminile nel mercato del lavoro.

Alternativa Popolare, infine, si oppone alla pratica dell’utero in affitto e al tentativo di mercificazione dei corpi delle donne e delle vite dei figli.

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3.   L’EUROPA DELL’AMBIENTE PER LA SALUTE

L’Europa ha dimostrato di essere in prima linea nella protezione del patrimonio più grande che ci è stato affidato e che abbiamo il dovere di consegnare alle generazioni future: l’ambiente. Le politiche ambientali sono anche le prime politiche per la salute dei cittadini. Un ambiente sano garantisce una qualità della vita migliore.

Le scelte in campo ambientale, tuttavia, non possono tradursi con le politiche del NO. Non è negando lo sviluppo che si protegge meglio la natura. Anzi, l’efficacia delle politiche ambientali è strettamente connessa a uno sviluppo autenticamente sostenibile. La sfida per una transizione ecologica intelligente è difficile, ma possibile.

Consapevoli che prevenire il degrado ambientale è più efficace – e meno costoso meno rispetto al riparare i danni fatti da uno sviluppo incontrollato – l’Unione Europea dovrà continuare a garantire il suo sostegno alla green economy, in un approccio realistico e bilanciato.

Le normative europee dovranno continuare a supportare qualsiasi forma di economia circolare e di riutilizzo delle risorse in tutti i settori: agricolo, industriale, energetico.

Nel settore agricolo, in particolare, dovrà essere rafforzata la protezione e la tutela dell’originalità dei prodotti agricoli, caseari, vitivinicoli e degli allevamenti, nel pieno rispetto delle tradizioni locali e nell’ascolto delle istanze degli agricoltori europei.

La lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento, locale e globale, continueranno ad essere al centro di ogni politica. L’Europa non può rinunciare al proprio ruolo di leader nel mondo, anche se altre grandi potenze, per egoismi nazionali o pressioni lobbistiche, si chiamano fuori da questo lavoro indispensabile per il futuro nostro e dell’intero pianeta. Occorre ribadire, tuttavia, come questo sforzo, non può e non deve significare un peggioramento dei costi a carico dei cittadini e degli imprenditori europei, da tutelare adeguatamente con misure che rendano la transizione ecologica sostenibile anzitutto a livello economico e sociale.

E’ indispensabile realizzare una vera Unione Energetica, in grado di ottimizzare il servizio ai cittadini e di ridurre l’impatto ambientale della produzione di energia.

A questo proposito, gli investimenti per l’autonomia energetica rientrano a pieno titolo non solo nelle strategie di sviluppo sostenibile – contribuendo alla decarbonizzazione dell’economia e al progressivo abbandono delle fonti fossili – ma anche e soprattutto all’interno dei piani per la sicurezza economica e geopolitica del continente. La guerra in Ucraina ha rivelato, nella sua drammaticità, la debolezza delle politiche energetiche dell’Unione, trovatasi dipendente dalle esportazioni di gas russo e, dunque, dai voleri dell’autocrate Vladimir Putin.

Affrancarsi da queste forme di dipendenza e assicurare una vera autonomia energetica al continente e ai singoli Stati membri è l’obiettivo fondamentale che l’Europa dovrà perseguire nell’arco dei prossimi cinque anni. Dal sostengo alle fonti rinnovabili allo sviluppo della filiera dell’idrogeno verde – passando per il rinforzo delle produzioni geotermiche, idroelettriche e per l’impiego del nucleare di ultima generazione – l’Europa dovrà fornire agli Stati membri il massimo contributo e sostegno alla ricerca scientifica, all’innovazione e alla diffusione capillare dei sistemi energetici a impatto zero.

L’energia nucleare di ultima generazione e la ricerca sulla fusione nucleare sono le punte avanzate sulle quali puntare per rafforzare l’indipendenza energetica dell’Europa e le prospettive di lungo periodo per l’intero pianeta 

4.   L’EUROPA DELLA SICUREZZA

Negli ultimi anni il mondo ha assistito a un drammatico acuirsi della contrapposizione tra blocchi economici e geopolitici e a un’evidente recrudescenza della sfida che i regimi totalitari e autocratici tendono alle nostre democrazie. L’aggressione russa all’Ucraina, iniziata più di due anni fa, ha riportato la guerra alle porte di Europa, dimostrando al mondo la vera natura del potere autoritario di Vladimir Putin, pronto a sacrificare la vita di migliaia di suoi cittadini al solo fine di perseguire il suo antistorico disegno imperiale.

Dall’altro lato, lo scoppio della crisi mediorientale conseguente al brutale attacco operato dai terroristi di Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023, ha riaperto una ferita su cui, oggi, le forze autocratiche mondiali ostili all’Occidente sono pronte a infierire, aggravando ulteriormente l’instabilità dell’area e, con essa, gli equilibri geopolitici mondiali. Per tali ragioni, il sostegno europeo a Israele e al suo diritto di esistere non deve vacillare.

Dopo il 7 ottobre 2023, peraltro, il nemico invisibile del terrorismo – negli ultimi anni apparentemente sopito – è tornato a minacciare la nostra esistenza, ponendoci nuovamente in allarme.

Nel frattempo, le instabilità nello Yemen e in tutta l’Africa sub-sahariana aggiungono in continuazione focolai di instabilità ai confini dell’Europa. Nello scacchiere asiatico desta sempre più preoccupazione la ritrosia cinese all’indipendenza di Taiwan e il dispotismo Nord Coreano.

Nell’acuirsi delle tensioni internazionali, è dovere dell’Europa schierarsi a difesa dei valori della libertà prevenendo le minacce alla pace e alla sicurezza globale.

Per questi motivi, la costruzione di un Esercito comune europeo, già immaginata dai nostri padri fondatori, non può più essere rimandata. Pur non mettendo in alcun modo in dubbio la prospettiva atlantista e la lealtà al Patto Atlantico e alla NATO, nel pieno rispetto degli impegni assunti – anche in relazione all’aumento degli investimenti nel settore della difesa, fino al raggiungimento del 2% del Pil – l’Unione europea deve diventare un soggetto geopolitico autonomo, in grado di difendere gli interessi del continente e dei suoi cittadini in piena sintonia con la difesa del mondo democratico occidentale.

L’Europa ha bisogno di un sistema di difesa non solo militare, ma sempre più orientato a proteggere efficacemente lo spazio informatico (la cosiddetta cyber security), per tutelare i nostri Paesi da qualsiasi tipo di interferenza politica, economica, terroristica e bellica realizzata attraverso l’uso delle tecnologie informatiche e di Internet.

Il settore spaziale, altresì, sta assumendo un’importanza cruciale sia per l’economia che per la sicurezza  nazionale. L’Italia ha ottime competenze in questo campo che devono essere portate in Europa, così da essere valorizzate e rafforzate attraverso investimenti nella ricerca e nell’industria spaziale, creando posti di lavoro ad alto valore aggiunto, sviluppando tecnologie all’avanguardia e garantendo una maggiore autonomia nell’accesso allo spazio.

Un altro fattore cruciale, per quanto riguarda la sicurezza italiana ed europea, è quello del rapporto con il Mediterraneo, all’interno del quale l’Italia occupa un ruolo strategico, specialmente in relazione ai rapporti con l’Africa. Affinché il Paese possa difendere i suoi confini e, per effetto, quelli dell’Europa, le spese per la difesa dovranno essere considerate come un investimento sulla sicurezza e, pertanto, debbono essere poste fuori dal Patto di stabilità. Le spese per la difesa non possono non contemplare, poi, un miglioramento della mobilità militare. Solo facilitando la circolazione del personale e delle attrezzature militari in Europa, armonizzando i quadri giuridici nazionali sui movimenti militari transfrontalieri, si potrà prontamente e unitamente agire in caso di crisi (cooperazione UE-NATO).

La centralità dell’Italia nel Mediterraneo determina, peraltro, la necessità di adottare una volta per tutte un nuovo approccio nei confronti dei fenomeni migratori.

L’Europa deve riformare urgentemente i regolamenti comunitari sul diritto di asilo, trovando soluzioni che garantiscano un equilibrio tra accoglienza e solidarietà. Per raggiungere questo difficile obiettivo, la prima e vera solidarietà deve essere quella tra gli Stati dell’Unione: devono essere tutelati i Paesi di primo ingresso dei migranti – come l’Italia – garantendo una equa ridistribuzione degli aventi diritto di asilo e attuando efficaci politiche di rimpatrio dei non aventi diritto. Nei prossimi anni, l’Europa dovrà intensificare la lotta ai trafficanti di esseri umani, anche con l’impiego di interventi militari coordinati con la NATO e di tecnologie sempre più moderne, quali l’uso dei droni.

Il vero investimento dell’Europa dovrà, tuttavia, concentrato sul sostegno allo sviluppo del continente africano. La fuga da carestie, guerre, povertà non è un fenomeno sporadico, che possa essere risolto con un blocco degli accessi. Si tratta ormai di un fenomeno strutturale e, se non si creeranno al più presto condizioni di vita più umana in Africa, l’esplosione demografica, i conflitti locali, il terrorismo, la corruzione dei governi, aumenteranno enormemente il dramma delle migrazioni nei prossimi anni.

Occorre un vero piano Marshall per l’Africa, e solo l’Unione Europea ne può assumerne la leadership, anche per riparare ai danni dei passati colonialismi europei e per fronteggiare il neocolonialismo economico cinese. L’Africa è il patrimonio del futuro per il pianeta, ma la sua instabilità potrebbe diventare presto il vero, gravissimo e irrisolvibile problema per l’intera umanità.

5.   L’EUROPA DELLO SVILUPPO ECONOMICO E INDUSTRIALE

La crescita forte ed equilibrata dell’Europa andrà garantita tenendo conto della enorme complessità che caratterizza il nostro continente. A questa complessità dovranno corrispondere soluzioni articolate, che valorizzino il tessuto industriale europeo e lo rilancino, forti delle condizioni di assoluta eccellenza con cui operano le imprese presenti non solo in Italia, ma in tutta la Ue.

L’economia sociale di mercato, patrimonio storico della tradizione europea, cattolica e liberale, ha creato un modello di società unico al mondo, che garantisce libertà di iniziativa e, al tempo stesso, protezione sociale per tutti i cittadini. Questo modello di welfare universalistico, di ispirazione comunitaria, va difeso e rafforzato, senza cedimenti culturali e pratici verso le altre due grandi scuole di pensiero: il liberismo americano, basato sull’esaltazione individuo, e il collettivismo cinese, basato sulla negazione di ogni forma di libertà personale.

Il principio di sussidiarietà, affermato dalla Costituzione europea come cardine dell’ordinamento comunitario, va applicato e rafforzato nella sua duplice dimensione: verticale, con una distribuzione sempre più chiara e adeguata dei poteri tra i diversi livelli di governo (Europa, Stati, Regioni, Comuni); orizzontale, con il riconoscimento e il sostegno da parte dello stato alle iniziative svolte dai cittadini e dalle loro formazioni sociali. Da questo punto di vista, l’Europa deve anche spingere i Paesi membri a valorizzare e sostenere il grande patrimonio costituito dal volontariato, in ogni settore: socialesportivoculturale. Alla luce del medesimo principio, l’Unione Europea dovrà anche saper riconoscere il valore dei numerosi tentativi di risposta alle esigenze dei cittadini già in atto in molte situazioni nei diversi settori: sociale, educativo, culturale, dell’economia e del lavoro.

Il dramma della disoccupazione, che affligge molti Paesi dell’Unione e soprattutto le giovani generazioni, può essere risolto solo con il rafforzamento di un’economia dinamica, innovativa, solidale e il rilancio di un solido piano industriale europeo basato sui tre pilastri: economia sociale di mercato, innovazione centrata sull’uomo, competitività di ogni regione d’Europa.

Il mercato comune dovrà essere sempre più orientato verso l’economia digitale e l’economia circolare e trovare nuovi sbocchi verso i grandi paesi extraeuropei, attraverso accordi di libero scambio che non abbassino il livello qualitativo dei nostri standard.

L’Unione dovrà promuovere e sostenere l’innovazione e la competitività dell’industria europea, in particolare il sistema delle piccole e medie imprese, tutelando l’ambiente e la salute dei cittadini, promuovendo tutte le forme di riciclo, riutilizzo e riparazione dei prodotti. Tutto ciò dovrà condurre alla creazione di un modello di business sempre più sostenibile e innovativo.

L’equità del sistema fiscale e la lotta contro ogni forma di corruzione costituiscono, in questo senso, elementi essenziali per l’intero sistema delle imprese, così come la riduzione dei vincoli burocratici che penalizzano soprattutto le piccole e medie imprese e contribuiscono in modo determinante alla percezione negativa del ruolo delle istituzioni europee da parte dei cittadini.

La competitività dei diversi Paesi e di ogni regione europea andrà sostenuta attraverso il potenziamento delle infrastrutture di trasporto e comunicazione (i NO TAV, in questo senso, sono un esempio molto negativo), per eliminare qualsiasi forma di discriminazione, consentendo a tutti le stesse possibilità di mettere in gioco le proprie potenzialità.

Una crescita equilibrata non può prescindere da una autentica solidarietà tra gli Stati dell’Unione, con il rafforzamento delle politiche di coesione che permettano di aiutare chi è più in difficoltà, rafforzando la misurazione dell’efficacia dell’utilizzo dei fondi comunitari anche attraverso un maggiore coinvolgimento di governi nazionali e regionali. A questo proposito, l’Italia deve compiere un vero salto di qualità. È purtroppo noto come il nostro paese sia tra i fanalini di coda nell’utilizzo dei fondi strutturali, e questo denota come la nostra classe politica sia purtroppo assai più propensa alla lamentela che a rimboccarsi le maniche e lavorare seriamente. L’utilizzo efficace dei fondi europei richiede progettualità, lungimiranza e fatica, tutte caratteristiche che sembrano dimenticate da tempo dalla politica italiana, statale e regionale.

6.   L’EUROPA DELL’INNOVAZIONE

Le frontiere dell’innovazione sono sempre più aperte, come ci dimostrano le continue evoluzioni degli scenari tecnologici e la crescita di giovani generazioni capaci di inventare ogni giorno prodotti e soluzioni spesso imprevedibili e sorprendenti.

L’Unione Europea deve continuare a sostenere la ricerca e l’innovazione, stimolando gli stati membri a porsi lo stesso obiettivo, invertendo la prassi per cui nei momenti di difficoltà economica si tagliano per primi fondi alla ricerca: dovrebbe essere esattamente il contrario, come dimostrano alcuni Paesi virtuosi. Un obiettivo specifico dovrà essere l’incremento degli investimenti in intelligenza artificiale e robotica.

Il sostegno al capitale umano è l’investimento più importante: la circolazione di studenti e ricercatori costituisce una reale possibilità di arricchimento per ogni società nel mondo globale. Occorreranno misure specifiche per migliorare l’attrattività del sistema europeo verso giovani di altri continenti, per favorire il confronto e la messa in rete dei migliori cervelli. I programmi Erasmus, da questo punto di vista, costituiscono una storia di successo ormai irrinunciabile, da allargare a tutti i tipi di scuola e non esclusivamente agli studi accademici e universitari.

Le aziende che innovano devono essere premiate e non ostacolate, a livello fiscale e normativo.

Le istituzioni europee devono anche preoccuparsi che il mondo finanziario sappia assumere fino in fondo il proprio ruolo irrinunciabile di promotore e sostenitore dell’innovazione, anche assumendosi i rischi connessi: l’alternativa potrà essere solo quella di subire nuove forme di quella che potremmo definire colonizzazione dell’innovazione, fenomeno destinato ad aumentare la dipendenza tecnologica da parte di altre potenze mondiali più lungimiranti.

7.   L’EUROPA BARICENTRO DEL MONDO

Negli ultimi anni abbiamo assistito alle più grandi, veloci e drammatiche trasformazioni nella storia dell’umanità: l’aggressione russa all’Ucraina e lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas; l’affermazione sulla scena mondiale di nuove potenze globali, come la Cina l’India, destinata a diventare entro qualche decennio una delle principali potenze mondiali; la trasformazione del terrorismo e la minaccia del suo imminente risveglio; le nuove e sempre più pericolose forme di conflitto e di colonizzazione; le imprevedibili conseguenze dell’utilizzo indiscriminato dei mezzi di informazione e delle tecnologie informatiche sulla sicurezza quotidiana dei cittadini e sulla loro privacy; il riemergere di nazionalismi e sovranismi, di nuove forme di discriminazione sociale e di razza; l’aggravarsi dei fenomeni migratori – particolarmente evidenti in Italia, Paese di primo approdo nel Mediterraneo –  causati da guerre e conflitti sanguinosi, dal dramma della fame, da problemi ambientali, dalla ricerca di migliori opportunità di vita; le drammatiche conseguenze dei cambiamenti climatici e della mancanza di rispetto dell’ambiente.

In questo scenario così complesso, si deve riaffermare la centralità dell’Europa: centralità storica, culturale, economica, geopolitica.

L’Europa è stata ed è centrale nella storia e nella cultura dell’umanità. Da essa sono nate le grandi tradizioni democratiche, di essa sono permeati l’intero continente americano, ma anche realtà geograficamente lontane, come l’Australia, l’India, le Filippine, molti paesi dell’Africa, solo per citare alcuni esempi.

Il modello di vita europeo, con il suo sistema di welfare, che a noi appare talora come un limite, costituisce, invece, la base delle strutture sociali di molti popoli.

L’economia europea è tra le più grandi economie mondiali: il mantenimento di questo ruolo, pertanto, è assolutamente fondamentale e strategico. La produzione di ricchezza e la centralità negli scambi mondiali di merci deve essere perseguita mantenendo il passo dell’innovazione, evitando dipendenze dai mercati esteri non solo per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico – la cui pericolosità si è mostrata, con tutta evidenza, dopo l’aggressione russa all’Ucraina – ma anche ma anche per quei settori che, nel mercato del futuro, assumeranno rilevanza cruciale.

Nei prossimi anni, l’Europa dovrà essere capace di realizzare una vera politica energetica comune, attraverso un piano di investimenti massicci nelle energie rinnovabili e nelle reti elettriche intelligenti, con l’obiettivo di raggiungere nel medio-lungo termine una maggiore indipendenza sicurezza negli approvvigionamenti, anche alla luce della transizione ecologica in atto.

Nessuna crescita, tuttavia, potrà avvenire se l’Europa non lavorerà incessantemente a un piano per il rilancio della sua competitività industriale , da attuarsi con una strategia comunitaria di attrazione degli investimenti e un massiccio piano di incentivi per le imprese che decidono di riportare sul continente attività e produzioni precedentemente delocalizzate in Paesi extra-UE. Tali incentivi dovranno promuovere il rientro selettivo di quei segmenti della catena del valore caratterizzati da maggiore valore aggiunto e contenuto tecnologico, con l’obiettivo di accorciare e diversificare le filiere produttive strategiche, aumentando la sicurezza degli approvvigionamenti e rafforzando l’autonomia industriale e tecnologica europea nel lungo periodo.

Il posizionamento geopolitico dell’Europa ci espone ai drammatici rischi provenienti da sud, da est – e, in un prossimo futuro, anche dall’Artico – ma, al tempo stesso, rende il nostro continente centrale nel governo di conflitti e di opportunità di sviluppo.

Questi elementi di centralità devono trasformarsi in una nuova consapevolezza: la responsabilità storica di essere il baricentro del mondo. Ciò sarà possibile solo se sapremo costruire gli Stati Uniti d’Europa, trovando finalmente quella unità politica indispensabile per affrontare le sfide economiche, ambientali e sociali dei nostri tempi mettendo a frutto la responsabilità che la storia ci assegna.

Per raggiungere finalmente questo obiettivo, senza il quale l’Europa è destinata alla frammentazione e alla irrilevanza, occorrerà, anzitutto, rafforzare nei cittadini il senso di appartenenza all’Unione, rendendo i processi meno burocratici e più attenti ai bisogni reali delle persone e delle famiglie.

Una politica estera e di difesa comune, necessaria e non ulteriormente rimandabile, dovrà realizzarsi anzitutto da una profonda comunione di intenti e dal rafforzamento, in tutti i Paesi membri, dell’azione di contrasto alle propagande straniere – in primis quella russa – che mirano a distruggere la nostra identità e a destabilizzare le nostre democrazie.

Al di fuori della nostra Unione, deve essere chiaro, nessun Paese europeo potrà reggere da solo il confronto con le grandi potenze mondiali, ma rischierà di venirne fagocitato. Solo attraverso una politica estera unitaria i Paesi membri dell’Unione europea potranno ancora ambire a giocare un ruolo determinante per la stabilità e la costruzione di un ordine internazionale stabile e pacifico.

A questo fine, è fondamentale che l’Europa si ponga come interlocutore autorevole nel contesto mondiale multipolare, valorizzando le proprie enormi potenzialità, credendo nella democrazia contro ogni forma di autocrazia e totalitarismo, attuando alleanze strategiche con altri grandi soggetti democratici, a cominciare da USA, Canada, Regno Unito e rafforzando il dialogo con l’India, anche per il tramite del Corpo diplomatico europeo, senza tralasciare il rapporto privilegiato con gli stati africani.

A questi importanti e cruciali obiettivi, l’Italia è in grado di contribuire portando, in Europa, la sua storia di eccellenza. Da membro fondatore della comunità europea, l’Italia deve giocare un ruolo fondamentale nel trainare l’Unione verso gli importanti e ambiziosi passi che la storia richiede di compiere. La marginalizzazione subita in alcuni momenti storici – a causa di una classe politica inadatta – può e deve essere superata, con un vantaggio non solo per il nostro Paese ma per il futuro dell’Unione europea tutta, la quale può prosperare solo grazie ai migliori apporti dei suoi Stati membri.

 8.   un punto di svolta: l’europa al voto l’8 – 9 giugno 2024

Nelle elezioni che si terranno in tutti gli Stati membri l’8 e il 9 giugno 2024 non è in gioco solo il rinnovo del Parlamento europeo e la conseguente nomina della nuova Commissione: la vera partita è quella di un rinnovamento strutturale dell’Unione Europea, chiamata a tornare alla visione dei Padri Fondatori per ritrovare, in uno dei momenti più drammatici della storia dell’intera umanità, la propria anima, le proprie radici, il proprio ruolo in un mondo ormai modellato su grandi blocchi fortemente identitari e sulla contrapposizione tra democrazie e le autocrazie che, sempre più minacciose, mettono in pericolo la sicurezza e la pace globale.

A questo compito il Partito Popolare Europeo, al quale Alternativa Popolare orgogliosamente appartiene, sarà chiamato, ancora una volta, a dare il maggior contributo, consapevole della responsabilità storica che gli viene assegnata e della straordinaria eredità che gli viene dalla propria storia.

A tutti gli italiani, Alternativa Popolare, chiede la fiducia del voto, consapevole che il cammino è solo all’inizio, ma che questo è il punto di partenza per rifondare, nel nostro Paese, una reale alternativa per tutti i moderati, cattolici, liberali, riformisti che, al populismo al quale l’Europa sembra inesorabilmente condannata, contrappongono coraggiosamente i valori di un autentico popolarismo.

AUTORE
foto autore
Daniele Magliocchetti
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