Sembra non essere ancora chiuso il caso dei due coniugi trovati morti, con diverse ferite da arma da fuoco, nella loro abitazione di via Notarbartolo, a Palermo, lo scorso sabato mattina: alla luce dei risultati dell'autopsia effettuata sui loro corpi, gli inquirenti starebbero valutando piste alternative rispetto a quella dell'omicidio-suicidio. Lo riporta il locale Giornale di Sicilia.
I fatti risalgono al 4 maggio scorso. A permettere il ritrovamento dei corpi senza vita della vigilessa Laura Lupo, di 62, e del commercialista Pietro Delia, di 65, era stata la figlia che abita al piano di sotto: non avendo notizie del padre, con cui aveva un appuntamento di lavoro, la giovane aveva deciso di salire a controllare se stessero bene e, alla loro mancata risposta, aveva allertato vigili del fuoco e carabinieri.
Entrambi presentavano delle ferite da arma da fuoco: si era ipotizzato che Lupo avesse sparato al marito con la sua pistola d'ordinanza - che ancora impugnava - e si fosse poi tolta la vita. Ricostruzione messa in dubbio dall'autopsia effettuata nelle scorse ore dal medico-legale incaricato dalla Procura, da cui sarebbe emersa la necessità di valutare piste alternative rispetto a quella dell'omicidio-suidicio.
Sul corpo della donna sarebbero state trovate due lesioni diverse: una al collo, l'altra alla testa. Come è possibile - ci si chiede - che si sia sparata una prima volta e poi, ferita, si sia sparata ancora, riuscendo ad uccidersi? Non è possibile, piuttosto, che le cose siano andate diversamente? Ciò che è emerso finora è che l'appartamento, situato al terzo piano del condominio, era chiuso e non presentava segni di effrazione: la tragedia, con tutta probabilità, si è consumata al suo interno. Restano da chiarire le dinamiche.
Gli investigatori sono da giorni al lavoro per capire cosa sia accaduto tra Lupo e Delia. Chi li conosceva, negli scorsi giorni, intercettato dai giornalisti, si è detto sconvolto. "Non potevamo mai pensare una cosa simile", ha dichiarato qualcuno dopo aver appreso la notizia.
Delle avvisaglie, però, forse, c'erano state: secondo il quotidiano La Sicilia, che cita la testimonianza di alcuni vicini di casa, tra i due c'erano stati degli screzi - forse addirittura era in corso una crisi - a causa della gelosia di lei. Mentre si aspettano conferme, c'è chi intanto riaccende il dibattito sul possesso e il maneggio delle armi da parte dei lavoratori del comparto.
Non è la prima volta, del resto, che pistole d'ordinanza si trasformano, in pochi attimi, in armi del delitto: qualche mese fa era successo a Cisterna di Latina. Nicoletta Zomparelli e Renée Amato erano morte per mano del finanziere Christian Sodano per salvare la vita alla figlia e alla sorella Desyrée, ex fidanzata del ragazzo.
Stando a quanto ricostruito finora nel corso delle indagini, la giovene era stata minacciata. Il motivo? Sodano non accettava la sua decisione di interrompere la loro relazione e di non andare a convivere, come lui le aveva chiesto. "Ti farò tanto male, fosse l'ultima cosa che faccio", le aveva scritto, promettendole che avrebbe sofferto come aveva fatto lui quando aveva perso entrambi i genitori.
All'inizio del 2023 la guardia giurata Andrea Iarcovia aveva sparato alla 23enne Giulia Donato, che voleva lasciarlo per costruirsi una nuova vita, nel sonno. Sono solo alcuni dei casi simili: non a caso la Funzione pubblica Cgil della polizia municipale di Palermo ha parlato, riferendosi al presunto omicidio-suicidio, di una "tragedia annunciata".