La pressione fiscale reale in Italia è un tema chiave nelle discussioni sulla politica economica. Nel 2021, ha raggiunto il 47,6%, un dato stabile rispetto al 2020 ma in calo rispetto al record del 49,8% registrato nel 2013. Questa diminuzione, sebbene significativa, continua a posizionare l'Italia in cima alla classifica europea, con un livello ben al di sopra della media UE del 40,4%.
Questo andamento è attribuibile principalmente alla riduzione dell'economia sommersa, il cui valore nel 2020-2021 ha rappresentato il 10,5% del PIL, secondo le stime Istat. Tale cifra rappresenta un calo di 0,8 punti percentuali rispetto al 2019 e una riduzione complessiva di 2,5 punti rispetto al 2014, quando il sommerso aveva raggiunto il 13%.
L'elevata pressione fiscale grava in particolare sul ceto medio, accentuando la necessità di interventi mirati per il suo sostegno. La Fondazione nazionale dei commercialisti evidenzia come la pressione fiscale reale abbia un differenziale di 5 punti rispetto a quella ufficiale, e sottolinea che la costante riduzione dell'economia sommersa negli ultimi otto anni ha contribuito a un miglioramento di 1,4 punti nel divario tra le due.
I commercialisti, in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate, richiedono una maggiore disponibilità di risorse per il reclutamento di personale e la creazione di corsie preferenziali per le categorie professionali. La semplificazione dei rapporti con gli uffici territoriali delle Entrate e una gestione ottimizzata dello smart working sono misure strategiche per migliorare la trasparenza e l'efficacia del sistema fiscale.
Il calo dell'economia sommersa durante la pandemia è stato significativo (-14% nel 2020). Tuttavia, con la ripresa economica del 2021, l'economia sommersa è rimasta stabile al 10,5% del PIL, il livello più basso mai registrato.
La continua riduzione del sommerso è vitale per migliorare la trasparenza del sistema fiscale e garantire equità tra i contribuenti. Il presidente dei commercialisti, Elbano de Nuccio, ha sottolineato che la riforma fiscale dovrebbe contribuire non solo a ridurre la pressione fiscale complessiva sull'economia italiana, ma anche a consolidare ulteriormente la riduzione del sommerso.
L'obiettivo principale è quello di avvicinare la pressione fiscale reale a quella ufficiale, migliorando la trasparenza e la chiarezza dei meccanismi fiscali.
Secondo la relazione sull'Economia Non Osservata (ENO) presentata dal governo con la Nadef 2023, il tax gap è diminuito del 19% tra il 2015 e il 2020, attestandosi al 15% nel solo 2020. Questa riduzione graduale ma costante ha giocato un ruolo chiave nella stabilizzazione del rapporto sommerso/PIL al 10,5%, portando così la pressione fiscale reale a livelli gestibili e più trasparenti.
La Fondazione nazionale dei commercialisti ha condotto una simulazione per stimare la pressione fiscale reale nei prossimi anni. Ipotesi: una riduzione annua dell'economia sommersa di un decimale di punto. In questo scenario, la pressione fiscale reale dovrebbe attestarsi al 47,4% nel 2023, scendere al 46,8% nel 2024, risalire al 47,2% nel 2025 e stabilizzarsi al 46,9% tra il 2026 e il 2027. Nel frattempo, il differenziale tra la pressione fiscale reale e quella ufficiale scenderebbe dal 5% del 2020-2021 al 4,6% nel 2027.
Nel 2021, secondo Eurostat, la pressione fiscale media nell'Unione europea era al 40,4%. L'Italia, con il 47,6%, si posiziona in cima alla classifica insieme alla Danimarca. La Francia segue con il 45,1%. Tuttavia, confrontare i dati tra i diversi paesi è complicato dalla mancanza di trasparenza nelle stime sull'economia sommersa, come sottolineato dal presidente nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio.
Questa opacità rende difficile un'analisi dettagliata del reale carico fiscale a livello europeo. De Nuccio ha poi concluso affermando che la riforma fiscale dovrebbe consolidare la riduzione del sommerso, migliorando la chiarezza negli indicatori di politica fiscale e aumentando l'equità tra i contribuenti.