Per uno Stato democratico non c'è oltraggio più grande del vilipendio della Repubblica e delle Istituzioni costituzionali, eppure è ciò che è accaduto lo scorso 26 gennaio 2024, quando la città di Padova si è svegliata trovando la statua di Aldo Moro imbrattata di vernice rossa. Questa mattina, 14 maggio, la Digos ha iniziato le operazioni di perquisizione nei confronti di tre persone.
Continuano a essere passati al setaccio per trovare ogni minima traccia, i locali del centro sociale Levante (ex "Gramigna"), durante le perquisizioni avviate sin dalla prima mattina di oggi. Gli agenti della Digos, però, sono impegnati in queste ore anche a ritrovare indizi e prove di un reato addosso ai tre sospettati, iscritti nel registro degli indagati.
Secondo le indagini portate avanti in questi mesi, a sfregiare la statua di Aldo Moro a Padova sarebbero stati due uomini e una donna, esponenti proprio del Circolo Proletario Comunista e del circolo "Pichetto" nel mirino degli agenti.
Gli inquirenti hanno proceduto a ricostruire attimo dopo attimo quanto accaduto in quella giornata di gennaio. Dalle prime informazioni, risulta che la vandalizzazione del monumento sia avvenuta nella notte o verso le prime luci dell'alba, proprio in occasione della "Giornata della Memoria".
Intorno alle 6, poi, le volanti impegnate nel consueto giro di vigilanza e pattugliamento del territorio hanno rinvenuto lo scempio. Gli agenti, infatti, si trovavano nelle vicinanze, dopo un intervento in via Altinate, dove si trova la sede del Centro Culturale San Gaetano.
A poche ore dalla celebrazione della "Giornata della Memoria", la statua dell'Onorevole Moro - ucciso il 9 maggio 1978 - con il volto imbrattato di vernice rossa. Ma il liquido rosso colava anche dalla lastra sulla quale sono incisi i nomi dei cinque agenti della scorta.
A farne parte l'appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, il maresciallo Oreste Leonardi, gli agenti di pubblica sicurezza Giulio Rivera e Raffaele Iozzino e il vice brigadiere Francesco Zizzi. Uccisi dalle Brigate Rosse nell'attentato di via Fani, a Roma, il 16 marzo 1978.
La Procura di Padova ha accusato i tre indagati di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici, nonché di vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni e della Forze Armate.
Per la polizia padovana, gli autori dell'atto vandalico potrebbero essere i medesimi delle numerose scritte contro lo stato di Israele ed inneggianti all’Intifada sulle mura del palazzo storico, sede del Centro Culturale San Gaetano.