Fece irruzione nel gazebo di un bar di via Monte Giberto e all'urlo di "Vi ammazzo tutti, maledetti" sparò contro gli astanti, uccidendo quattro donne: è quanto si vede in un video mostrato in aula al processo che lo vede imputato a Roma per la strage di Fidene. Secondo i carabinieri che per primi intervennero sulla scena del crimine, chiamati a testimoniare, Claudio Campiti, 58 anni, aveva con sé oltre cento proiettili.
Il processo ha preso il via lo scorso febbraio; Claudio Campiti, di 58, è accusato di aver dato il via alla brutale sparatoria in cui, nel dicembre del 2022, persero la vita quattro donne - Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis - salita alla ribalta delle cronache con il nome di "strage di Fidene".
La dinamica è stata ricostruita nel corso dell'ultima udienza dai carabinieri che per primi intervennero dopo la segnalazione dei presenti sulla base di un video mostrato in aula: stando alle loro parole, subito dopo aver fatto irruzione nel gazebo del bar di via Monte Giberto in cui si stava tenendo una riunione del consorzio Valleverde, con i cui membri aveva avuto degli attriti a causa di questioni condominiali, Campiti iniziò a sparare sui presenti urlando loro: "Vi ammazzo tutti, maledetti".
Ne colpì diversi; poi la sua pistola, una semiautomatica Glock calibro 45, si bloccò di colpo: come se nulla fosse l'uomo risolse il problema e continuò a prendere di mira le vittime. Si fermò solo quando un condomino gli si avventò contro, riuscendo ad immobilizzarlo. All'arrivo dei soccorsi per due donne non c'era già più niente da fare e diverse persone erano gravemente ferite (due sarebbero morte nei giorni seguenti).
"Appena all'interno ho visto sulla destra i corpi senza vita di tre donne, due a terra e una ancora seduta. Altre persone erano sopra Campiti che lo stavano immobilizzando. Campiti chiedeva dei carabinieri", ha dichiarato il maresciallo Marco Valli della stazione di Roma Fidene.
L'11 dicembre del 2022 fu tra i primi ad arrivare sul luogo della strage. A riportare le sue parole è l'Ansa, secondo cui in aula Valli e i colleghi avrebbero anche fatto il punto su quanto avvenuto negli attimi precedenti alla sparatoria.
Campiti, secondo le ricostruzioni, si sarebbe recato presso il poligono di tiro di Tor di Quinto, che frequentava regolarmente, attorno alle 8.46 e, dopo aver chiesto l'arma in armeria, si sarebbe spostato prima in segreteria per chiedere i proiettili, poi in bagno e infine verso il parcheggio, senza mai andare sulla linea di tiro.
Nel corso della perquisizione seguita al fermo "aveva - secondo le testimonianze - 55 proiettili nella tasca sinistra della felpa e altri cento proiettili nella tasca dei pantaloni. Aveva poi un caricatore con tredici proiettili all’interno, un coltello a serramanico e un altro da sub".
Secondo l'accusa il 58enne premeditò tutto, anche perché, nel suo zaino, aveva un cellulare, dei contanti, un accappatoio e diversi medicinali. Dello stesso avviso è l'avvocato Francesco Innocenti, che assiste le parti civili. "Abbiamo addestrato e armato Campiti (il poligono, i cui i responsabili Bruno Ardovini e Giovanni Maturo sono finiti a processo, è una struttura pubblica, ndr), poi ci siamo stupiti del massacro", ha dichiarato in aula. Lo riporta il Corriere della Sera, secondo cui il legale che difende l'uomo, Francesco Bianchi, sarebbe invece di avviso diverso.