È iniziato lo scorso ottobre il processo che vede imputati davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Roma l'ex comandante dei carabinieri della stazione di Arce Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco e altri due carabinieri, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, per l'omicidio di Serena Mollicone, consumatosi agli inizi di giugno del 2001 in provincia di Frosinone. Oggi in aula è stato ascoltato come teste uno dei primi sospettati, il carrozziere Carmine Belli, assolto in tutti i gradi di giudizio: ecco le sue dichiarazioni.
"Il primo giugno 2001, mentre tornavo in auto da Isola Liri con un collega, davanti al bar Chioppetelle, proprio vicino al paletto che indica la fermata del Cotral, vidi una ragazza che litigava con un ragazzo. Credo fosse Serena", ha raccontato in aula Carmine Belli.
E ha aggiunto: "I due erano rivolti verso la strada, di fianco a me, lui la teneva per un braccio come se lei volesse attraversare la strada ma lui la stesse bloccando". Si tratta di una testimonianza particolarmente rilevante: la data a cui il carrozziere si riferisce corrisponde, infatti, a quella in cui la studentessa, di 18, scomparve e, secondo la Procura, fu uccisa.
Due giorni dopo, il 3 giugno, il suo corpo fu trovato senza vita in un boschetto in località Fontecupa, nel territorio di Fontana Liri. Il ragazzo che secondo Belli era con lei "era biondo, con i capelli a spazzola". "Mi erano sembrati più o meno della stessa statura", ha spiegato l'uomo, che fu tra i primi a finire nel mirino degli inquirenti subito dopo i fatti, scontando 17 mesi di carcere per poi essere assolto nei tre gradi di giudizio.
Secondo l'accusa, che per i cinque imputati aveva chiesto pene pesantissime - 30 anni per Franco Mottola, 24 e 21 anni per il figlio e la moglie e 15 anni per gli altri due carabinieri - il ragazzo a cui fa riferimento sarebbe Marco Mottola, che avrebbe attirato la giovane in caserma, spingendola contro lo spigolo di una porta della foresteria, uccidendola e abbandonandone il corpo nel luogo in cui fu ritrovato grazie all'aiuto dei genitori e dei colleghi del padre (che lo coprirono).
Il movente del delitto resta, a distanza di anni, incerto: una delle ipotesi della Procura è che Serena volesse denunciare i loschi giri di droga in cui il ragazzo, che conosceva fin da piccola, era finito. Denuncia che anche ai genitori sarebbe costata molto, in termini di visibilità.
Ricostruzione a cui i giudici della Corte d'Assise - che nell'estate del 2022 hanno assolto tutti gli imputati - sembrano non aver creduto, dando peso, più che alla testimonianza di Belli, a quella dell'ex collega Pierpaolo Tommaselli, che avrebbe fornito una versione dei fatti diversa.
Oggi l'ha ribadita in aula, sostenendo che il giorno in cui passarono davanti al bar sopracitato, vedendo Serena in compagnia del ragazzo (con cui, secondo lui, non stava litigando), non fosse il primo giugno come dice da sempre Belli, ma il 31 maggio. A riportarlo è Rai News.
L'obiettivo dei familiari della vittima è arrivare finalmente alla verità, così come lo è quello dei familiari di Santino Tuzi, il vicebrigadiere morto suicida nell'aprile del 2008 dopo aver rilasciato clamorose dichiarazioni sul caso, cioè di aver visto Serena entrare in caserma il giorno della scomparsa: c'è chi pensa che sia stato indotto ad uccidersi nel timore che potesse rilevare qualche oscuro segreto.