In attesa di leggere le motivazioni della sentenza con cui i giudici di primo grado hanno riconosciuto Alessia Pifferi colpevole della morte della figlia Diana, lasciata morire di stenti ad appena 18 mesi nell'estate del 2022, la difesa, rappresentata dall'avvocato Alessia Pontenani, si prepara a ricorrere in Appello.
In quella fase, stando a quanto ha dichiarato ai conduttori della trasmissione televisiva "Crimini e criminologia" su Cusano Italia Tv, chiederà di sottoporre la 38enne a una nuova perizia psichiatrica: secondo lei quando abbandonò la bambina in casa per sei giorni, a differenza di quanto concluso dal dottor Elvezio Pirfo, consulente della Procura, la donna non era totalmente capace di intendere e di volere.
"Sto aspettando altra documentazione su Alessia Pifferi. Purtroppo non mi è arrivata in tempo per il processo di primo grado, quindi la presenterò in Appello. Si tratta del fascicolo di un ospedale lombardo, comprende cinque cartelle mediche relative alla mia assistita. Il mio obiettivo, sulla base di questo nuovo materiale, sarà quello di chiedere, in fase di processo d'Appello, un'altra perizia psichiatrica", ha dichiarato la legale rispondendo alle domande dei conduttori Fabio Camillacci e Gabriele Raho.
"Spero che mi venga concessa - ha aggiunto -, ma non ho motivo di dubitarne. Spero inoltre che quello d'Appello possa essere un processo meno mediatico di quello di primo grado", seguitissimo dal pubblico. Prima di un eventuale ricorso bisognerà attendere la deposizione delle motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno deciso di condannare la 38enne che l'avvocato Pontenani difende all'ergastolo.
"Voglio capire perché la premeditazione non è stata riconosciuta: probabilmente la Corte ha ritenuto la sussistenza del dolo eventuale (che si manifesta quando qualcuno compie un'azione, di per sé lecita, accettando che le conseguenze della sua condotta possano configurare un reato, ndr)", ha spiegato la legale, che fin dall'inizio sostiene che la sua assistita abbia "turbe psichiche e deficit cognitivi" che ne comprometterebbero la capacità di intendere e di volere (anche se il consulente della Procura è arrivato a conclusioni diverse).
"Ho ricevuto tante minacce di morte tramite telefonate anonime, messaggi, mail e vari social. In particolare mi ha colpito una minaccia ricevuta su Instagram: una persona mi ha scritto 'ti vengo a prendere, ti ammazzo'. Poi ho scoperto che si trattava di una ragazzina di 17 anni. Qualcuno mi ha consigliato di cominciare a far partire querele a raffica visto che di molti ho anche il nome e il cognome e che per la Polizia Postale non è difficile risalire all'identità di alcuni attraverso il loro nickname", ha dichiarato l'avvocato.
"La cosa più incredibile è che anche molti miei colleghi avvocati si sono permessi di dirmi che non avrei mai dovuto difendere la Pifferi, perché è un mostro. Se arriviamo a classificare le persone come mostri in base al reato, siamo ridotti veramente male", ha aggiunto, ricordando a tutti coloro che si augurano che la sua assistita soffra che "la pena deve essere rieducativa".
"Quando sento dire certe cose rabbrividisco, mi sembra che si stia facendo veramente un preoccupante passo indietro. Ci fosse stato il rogo pubblico in piazza la Pifferi l'avrebbero bruciata. Questo a me fa paura", ha concluso. Per la donna aveva chiesto il riconoscimento dell'abbandono di minore con morte come conseguenza; nel luglio del 2022 Pifferi uscì di casa per raggiungere l'allora compagno, lasciando da sola, su un lettino da campeggio, la figlia di 18 mesi, che al ritorno, sei giorni dopo, trovò morta.