Ci sono eventi nella storia di un paese che ne segnano per sempre il destino. La Strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta, è uno di questi.
Una strage che aprì gli occhi ad un paese che, fino a quel momento, aveva trattato il tema delle mafie come un fenomeno marginale. La Strage di Capaci e successivamente quella di via D’Amelio a Palermo - dove a morire per mano mafiosa furono il giudice Paolo Borsellino insieme alla sua scorta - suscitarono un’ondata di indignazione collettiva che neanche gli oltre duemila anni di carcere comminati nel maxi-processo di Palermo, uno dei lasciti più importanti dei giudici Falcone e Borsellino, erano riusciti a sollevare.
Un’ondata di indignazione che portò alla nascita della cultura dell’antimafia che questa mattina ha camminato sulle gambe" dei cinquemila studenti che hanno partecipato all’iniziativa dell’Anm, dell'Ordine degli avvocati e della Rete per la cultura antimafia nella scuola, e che si sono riuniti davanti al Palazzo di giustizia di Palermo, il grande edificio in cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, insieme a un gruppo tenace di colleghi e protetti dalle loro scorte, hanno inferto colpi durissimi a Cosa nostra.
Con queste parole il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 32° anniversario della strage di Capaci ha voluto ricordare quel tragico attentato.
Una lezione di vita e un esempio che il Capo dello Stato ha invitato a raccogliere rinnovando:
nel messaggio inviato in occasione dell’incontro tra i magistrati impegnati in Europa e in America Latina nel contrasto del narcotraffico transnazionale e del riciclaggio dei relativi proventi, intitolato alla memoria di Giovanni Falcone.
Era un caldo giorno di primavera, il 23 maggio del 1992 quando alle 17,57 il boato prodotto da oltre 500 chili di tritolo squarciò oltre all’asfalto rovente dell'autostrada A29, all’altezza di Capaci, anche la coscienza della nostra nazione.
Le auto del corteo della scorta con a bordo il giudice Giovanni Falcone la moglie e gli agenti di Polizia, tre Fiat Croma blindate saltarono in aria senza lasciare scampo agli occupanti.
Erano: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. Poche settimane dopo, il 19 luglio 1992 persero la vita in via D'Amelio anche Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.
"Testimoni di legalità, il cui nome resta segnato con caratteri indelebili nella nostra storia" ha detto il presidente Mattarella che poi ha concluso:
"I loro nomi sono affermazione di impegno per una vittoria definitiva sul cancro mafioso e il pensiero commosso va ai loro familiari che ne custodiscono memoria ed eredità morale".