La Cassazione ha esaminato una questione molto interessante, spesso fonte di dubbi e domande: chi percepisce la Naspi può andare in pensione?
Naturalmente, si evince subito si tratta di una domanda che si collega alla compatibilità tra la percezione dell’indennità di disoccupazione e il raggiungimento dei requisiti per poter andare in pensione.
Nel testo, andiamo a rispondere al quesito, fornendo le indicazioni generali sulla Naspi e sul pensionamento.
La Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (Naspi) è una indennità mensile di disoccupazione che spetta ai lavoratori subordinati che hanno perso involontariamente il posto di lavoro. La prestazione va a sostituire le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI.
La prestazione spetta dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Come abbiamo anticipato, viene corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive presenti negli ultimi quattro anni.
Per quanto riguarda l’importo della prestazione, è variabile in funzione dell’ammontare del reddito percepito durante i quattro anni precedenti la domanda di disoccupazione.
Presenta alcune compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa, sia autonoma che subordinata, ma l’importo della prestazione si riduce.
Il principale strumento che l’ordinamento previdenziale italiano predispone a favore dei lavoratori che, a causa dell’età avanzata, non sono più in grado di assicurarsi un reddito mediante lo svolgimento di un’attività di lavoro è la pensione di vecchiaia.
Hanno diritto ad accedere alla pensione di vecchiaia tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria.
In questo caso, è necessario raggiungere l'età stabilita per legge (67 anni, confermati fino al 2026, che aumentano progressivamente se sale la speranza di vita) e un'anzianità contributiva di almeno 20 anni.
Oltre alla pensione di vecchiaia, c’è anche la pensione anticipata. Si tratta del trattamento pensionistico che il lavoratore può conseguire anche prima del compimento dell’età anagrafica prevista dalla legge per il pensionamento, purché egli sia in possesso di specifici requisiti contributivi.
Ricordiamo il metodo delle quote per accedere alla pensione anticipata, inaugurato dal governo Conte I con Quota 100. Questa prevedeva un mix di età anagrafica e anzianità contributiva. Si è continuato in questa direzione con Quota 102 e, dopo, Quota 103.
Non ci resta che ritornare al punto di partenza e rispondere al quesito. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11965/2024, ha esaminato la possibilità di cumulare l’assegno di disoccupazione NASPI con il diritto alla pensione.
I giudici hanno fatto riferimento alla Legge 92/2012, articolo 2, comma 40, secondo cui il diritto alla Naspi è escluso per coloro che percepiscono una pensione.
La questione precisa, però, è quella di determinare se la Naspi termina quando si presentano i requisiti per andare in pensione o quando la pensione viene effettivamente erogata.
Secondo la Cassazione, il diritto alla Naspi cessa già al momento in cui si perfezionano i requisiti per il pensionamento, sia che si tratti di pensione di vecchiaia o anticipata. Quindi, non è importante la data in cui inizia il pagamento della pensione. Non è neppure importante quella in cui viene presentata la domanda di pensionamento, bensì il momento in cui si raggiungono i requisiti.
Se ci si pensa bene, si tratta di un punto importante. Chi percepisce la Naspi e raggiunge i requisiti per andare in pensione, per continuare a mantenere il diritto sulla disoccupazione potrebbe continuare, volontariamente, a ritardare la presentazione della domanda di pensione.
Ne consegue che l’Inps è legittimato a recuperare le somme di Naspi erogate a partire dalla data in cui l’individuo ha maturato i requisiti per il pensionamento.