La Corte di Cassazione ha recentemente annullato una condanna a carico di un imprenditore accusato di evasione contributiva per mancata presentazione delle dichiarazioni Uniemens. La sentenza n. 20835 del 28 maggio 2024 ha stabilito che la responsabilità dell'omissione non può essere attribuita all'imprenditore se questo era stato rassicurato dal proprio commercialista sull'avvenuto invio delle comunicazioni obbligatorie nei termini previsti.
Un elemento chiave che ha influenzato la decisione della Corte è stato il ruolo del commercialista. Quest'ultimo aveva rassicurato l'imprenditore riguardo l'invio tempestivo delle dichiarazioni, inducendo i giudici a riconoscere che l'omissione non era volontaria da parte dell'imprenditore.
La condanna per evasione contributiva si applica solo quando l'omissione comporta un mancato versamento che supera specifiche soglie legali. In particolare, la legge stabilisce che l'importo mensile omesso deve superare i 2.582,28 euro e il 50% dei contributi complessivamente dovuti per configurare il reato. Questa soglia risulta quindi fondamentale per distinguere tra inadempimenti minori e casi di reale evasione contributiva.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 15 febbraio 2024 n. 6820, ha ribadito che, per configurare il reato di omessa dichiarazione, è necessario dimostrare la presenza di un dolo specifico. Questo significa che l'intenzione di evadere deve essere chiara e preordinata. In assenza di tale prova, l'imputabilità viene meno, come accaduto nel caso esaminato.
Secondo l'art. 5, comma 1 del Decreto legislativo n. 74 del 2000, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta le dichiarazioni obbligatorie, se l'imposta evasa supera i 50.000 euro. Questo testo legislativo è chiaro nel definire le soglie e le condizioni che rendono configurabile il reato di evasione fiscale.
La giurisprudenza, tuttavia, ha consolidato nel tempo attraverso varie sentenze l'obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi come strettamente personale, anche quando un professionista viene delegato per tale compito. Il d.p.r. 322/1998 art. 1, comma 4, stabilisce che la dichiarazione deve essere sottoscritta dal contribuente o dal legale rappresentante, pena la nullità. La delega a un commercialista, pertanto, non esonera il contribuente dalla responsabilità.
Gli obblighi fiscali, essendo di natura strettamente personale, non ammettono sostituti. Questo principio si riflette nella configurazione del reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 del d.lgs. 74/2000, che è un reato omissivo proprio. Questo significa che la responsabilità penale rimane in capo al contribuente, anche se quest'ultimo ha delegato un professionista per la gestione delle proprie incombenze fiscali.
La prova del dolo specifico di evasione non può derivare dalla semplice omissione dell'obbligo dichiarativo. La Cassazione, infatti, richiede la presenza di elementi fattuali che dimostrino una consapevole preordinazione all'evasione fiscale. Questi elementi devono indicare chiaramente che il contribuente ha agito con l'intenzione di omettere la dichiarazione per evitare il pagamento delle imposte dovute.
Questo non è stato il caso esaminato all’inizio di questo articolo dalla Cassazione con la sentenza di maggio 2024. Nel caso in esame, la Corte ha accolto la tesi difensiva dell'imprenditore, il quale, tramite il suo legale rappresentante, aveva contestato l'assenza di dolo specifico. La Corte d'Appello aveva inizialmente respinto questa tesi, ma la Cassazione ha riconosciuto che l'affidamento al commercialista e le rassicurazioni ricevute avevano indotto l'imprenditore a credere che le dichiarazioni fossero state presentate nei termini previsti.
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6820/2024, ha chiarito che la delega a un professionista per la presentazione delle dichiarazioni fiscali non può escludere la responsabilità del contribuente in caso di omessa dichiarazione. Tuttavia, per configurare il reato, è necessario dimostrare che l'omissione è stata preordinata e intenzionale. In assenza di prove sufficienti, la responsabilità penale non può essere attribuita.