C'è un indagato per la morte di Michele Lanfranchi, il cui cadavere è stato trovato lo scorso sabato su un marciapiede di Messina: si tratta, secondo la Gazzetta del Sud, di un atto dovuto. L'uomo, un 40enne, sarebbe il proprietario dell'immobile in cui il 19enne si trovava al momento dei fatti.
A suo carico, almeno per il momento, non ci sarebbero indizi di colpevolezza: il pm Liliana Todaro, che sta seguendo le indagini relative alla morte di Michele Lanfranchi, lo avrebbe iscritto nel registro degli indagati come atto dovuto, anche per tutelarlo.
Si tratta del 40enne Giovanni Laganà, proprietario dell'immobile sul cui marciapiede, lo scorso sabato sera, il 19enne è stato trovato cadavere, con una vistosa ferita al collo. Lo riporta la Gazzetta del Sud, secondo cui, insieme ad altre persone, l'uomo sarebbe già stato sottoposto al test dello Stub e ascoltato dagli inquirenti.
Bisognerà chiarire, tramite i prossimi accertamenti, se possa essere in qualche modo coinvolto nella vicenda. Stando a quanto ricostruito finora, Lanfranchi si trovava all'interno del suo appartamento quando è stato colpito; poi sarebbe stato spostato all'esterno, in via Michelangelo Rizzo, una stradina laterale del rione Giostra.
Al momento del ritrovamento aveva ancora l'arma del delitto, una pistola calibro 7.65, tra le mani. Con la stessa, secondo i conoscenti, da un po' girava per la città con l'intento di vendicarsi di uno sgarbo subito. Quale e nei confronti di chi non si sa ancora.
Come non si sa perché quella sera Lanfranchi si trovasse proprio a casa di Laganà. È possibile, ci si chiede, che abbia trovato la morte per una tragica fatalità, venendo colpito da un proiettile esploso per sbaglio mentre mostrava l'arma ai presenti? E che poi sia stato portato fuori in attesa dell'ambulanza?
L'alternativa è che sia stato preso di mira e che poi il responsabile o i responsabili abbiano cercato di coprire l'accaduto. Per ricostruire l'esatta dinamica dei fatti saranno fondamentali i risultati dell'autopsia e della perizia balistica sull'arma. Una volta che si riuscirà a risalire alla traiettoria dello sparo sarà infatti possibile stabilire da dove (e per mano di chi) è partito il colpo mortale.
Stando a quanto riporta sempre la Gazzetta del Sud, nel 1999 Laganà avrebbe perso il fratello Giacomo, ucciso nell'androne di un condominio di Faro Superiore. Di lui, a parte questo, non si sa molto altro. La vicenda per la quale adesso è indagato ha sconvolto molti.
"Non voglio crederci, poco prima eri con me, mi sembra un incubo", ha scritto un'amica della vittima sui social. È solo uno dei tanti messaggi in cui si ricorda il 19enne. "Nel quartiere di Giostra, anzi di San Matteo, siamo mille fratelli, tu sei stato sempre uno di loro", recita un altro.
Mentre a Messina gli investigatori sono al lavoro per fare luce sulla morte del ragazzo, continuano nel Nord Italia le ricerche di Cristian, uno dei tre ragazzi dispersi nel fiume Natisone. A Roma un'operazione della Dda ha invece portato all'arresto di 27 persone appartenenti a un gruppo criminale attivo da anni sul territorio nel controllo del traffico delle sostanze stupefacenti: tra loro figura anche il 70enne Marcello Colafigli, detto "il Bufalo", tra i fondatori della famosa Banda della Magliana.