Resta in carcere Giampiero Gualandi, l'ex comandante della polizia locale di Anzola dell'Emilia che lo scorso 16 maggio ha sparato un colpo di pistola al volto dell'ex collega e amante Sofia Stefani, uccidendola: lo ha deciso il tribunale della Libertà di Bologna respingendo il ricorso presentato dal suo avvocato, Claudio Benenati. Le motivazioni saranno rese note entro 45 giorni.
L'uomo, di 62, è accusato di omicidio volontario aggravato. Stando alle ricostruzioni, avrebbe sparato all'ex collega - con cui sembra avesse avuto una relazione extraconiugale - nel corso di una lite scoppiata all'interno della "Casa gialla" di Anzola, sede della polizia locale, mentre era in servizio.
Avendo compiti amministrativi non avrebbe dovuto avere con sé la pistola d'ordinanza: in effetti - secondo i colleghi - la prelevò dalla cassetta di sicurezza una mezz'ora prima dell'arrivo della donna in caserma. Gli inquirenti pensano che, una volta venuto a conoscenza della sua visita, abbia pensato all'omicidio.
Lui sostiene tutt'altro: dice di aver ritirato l'arma per pulirla in vista di un'esercitazione di tiro che avrebbe dovuto tenersi nei giorni successivi e di aver sparato il colpo che ha preso Stefani al volto accindentalmente, durante una colluttazione. Il suo avvocato, Claudio Benenati, ne aveva chiesto la scarcerazione. Il tribunale della Libertà ha deciso che resterà, invece, in carcere.
L'ipotesi dell'accusa è la seguente: che Gualandi agì volontariamente su spinta del sentimento di esasperazione che avrebbe provato dopo aver confidato alla moglie di averla tradita e aver cercato di interrompere ogni rapporto con la 33enne, che però si sarebbe opposta.
Sembra che il giorno del delitto lo chiamò per 15 volte: voleva convincerlo a tornare con lei. Lui in dei messaggi le aveva confidato di essere allo stremo delle forze. Da questo stato, forse, sarebbe dipeso il gesto estremo. "Taluni approfondimenti che sono stati disposti dalla Procura di Bologna sono in corso di svolgimento, così come il lavoro anche dei nostri consulenti di parte", ha spiegato ai giornalisti l'avvocato Andrea Speranzoni.
E ha aggiunto: "Come difensore dei familiari della vittima Sofia Stefani lavorerò con la massima attenzione su ogni indizio, contribuendo al percorso di giustizia, unica risposta possibile e doverosa a fronte della violenza che caratterizza questo omicidio". Lo riporta Rai News.
Sofia, di 33, aveva sempre sognato di diventare una vigilessa: ci era riuscita, poi non le era stato rinnovato il contratto. "Era molto generosa, molto dedita al lavoro che le è costato la vita", ha detto il papà prima dell'ingresso in chiesa per il suo funerale, tenutosi a Zola lo scorso 5 giugno.
In tantissimi erano presenti, come lo erano alla fiaccolata organizzata a Vigonza, nel Padovano, in memoria di Giada Zanola, la 33enne morta dopo essere stata spinta giù da un cavalcavia dell'A4 dall'ex compagno Andrea Favero, che attualmente è in carcere.
L'uomo, di 39, è accusato di omicidio: stando alle ricostruzioni avrebbe alzato la donna di peso e l'avrebbe buttata al di là della ringhiera, sulla carreggiata, al culmine di una lite. Non accettava, secondo i conoscenti, che la loro relazione fosse finita e che la donna, che gli aveva dato un figlio, avesse iniziato a frequentare un altro uomo.
Si pensa che possa anche averla drogata: solo così potrebbe aver fatto ciò che ha fatto senza difficoltà. In caso contrario, cioè se Giada fosse stata cosciente, si sarebbe di certo dimenata.