27 Jun, 2024 - 13:52

Un intestino infiammato può aumentare il rischio di demenza

Un intestino infiammato può aumentare il rischio di demenza

Un nuovo studio scientifico ha evidenziato un legame sorprendente tra la salute dell'intestino e il rischio di sviluppare demenza.

Ricerche condotte su un ampio campione di persone hanno rivelato che un intestino infiammato può aumentare significativamente la probabilità di incorrere in declino cognitivo e demenza.

Questa scoperta apre nuove strade nella comprensione delle malattie neurodegenerative e sottolinea l'importanza di una corretta salute intestinale per il benessere generale, incluso quello del cervello.

Un intestino infiammato può aumentare il rischio di demenza, in che modo

Un recente studio ha confermato un forte legame tra 10 specie di batteri intestinali e il morbo di Alzheimer. Analizzando numerosi studi sulla connessione intestino-cervello, i ricercatori hanno identificato 6 specie batteriche (Adlercreutzia, gruppo Eubacterium nodatum, Eisenbergiella, gruppo Eubacterium fissicatena, Gordonibacter e Prevotella9) come protettive contro l'Alzheimer, mentre altre 4 specie (Collinsella, Bacteroides, Lachnospira e Veillonella) sono considerate un fattore di rischio per la malattia.

Questi batteri possono secernere acidi e tossine che attraversano la mucosa intestinale e interagiscono con il gene APOE, un noto fattore di rischio per l'Alzheimer, e di conseguenza scatenano una risposta neuroinfiammatoria che può favorire la neurodegenerazione.

La disbiosi intestinale, uno squilibrio nel microbiota, potrebbe dunque innescare e promuovere l'Alzheimer. Jingchun Chen, ricercatore dell'UNLV, sottolinea che, mentre i geni determinano in parte il rischio di malattia e l'abbondanza di batteri intestinali, modifiche al microbioma intestinale attraverso probiotici e dieta possono avere effetti positivi sul sistema immunitario, l'infiammazione e la funzione cerebrale.

Perché questa scoperta è importante?

Perché è rilevante?

Attualmente, solo il 40% dei casi di demenza è attribuibile a fattori di rischio modificabili conosciuti. Pertanto, è molto importante identificare nuovi fattori per ridurre l'incidenza di queste malattie in futuro.

L'alterazione del microbiota intestinale, influenza la risposta immunitaria e l'interazione con il sistema nervoso, che è fondamentale per le funzioni cognitive.

La disbiosi del microbiota intestinale favorisce la produzione di tossine che potrebbero contribuire alla deposizione di proteine beta-amiloidi e a una risposta infiammatoria, come osservato negli animali. Ecco perché c'è un collegamento tra intestino infiammato e demenza.

Il collegamento tra microbiota intestinale e Alzheimer

Un team di ricercatori ha scoperto un potenziale collegamento tra il microbiota intestinale e la malattia di Alzheimer. Lo studio, condotto su ratti, ha evidenziato che il trapianto di feci da pazienti con Alzheimer in animali sani può indurre alcune alterazioni tipiche della malattia, come:

  • Modifiche nella flora batterica intestinale: un aumento di batteri del genere Desulfovibrio è stato associato a una disfunzione del colon.
  • Problemi di memoria: i ratti che hanno ricevuto il microbiota di pazienti con Alzheimer hanno mostrato difficoltà in compiti che richiedono memoria spaziale, una funzione legata all'ippocampo.
  • Riduzione della neurogenesi: il trapianto ha influenzato negativamente la nascita e la crescita di nuovi neuroni nell'ippocampo, un processo importante per la memoria e l'apprendimento.

I ricercatori ipotizzano che alcuni batteri intestinali producano molecole in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere il cervello. Queste molecole potrebbero influenzare la neurogenesi e la funzione cerebrale e contribuire ai sintomi dell'Alzheimer.

Le persone che hanno precedentemente sofferto di malattie intestinali hanno un  rischio significativamente più elevato di demenza  (5,5%) rispetto alle persone senza sintomi (1,4%).

E non è tutto: i pazienti  hanno sviluppato i sintomi della demenza relativamente prima  rispetto ai soggetti sani di confronto. Lo studio non ha riscontrato differenze tra le due malattie intestinali, colite ulcerosa e morbo di Crohn, né tra i sessi.

Lo studio osservazionale suggerisce che esiste quindi un'associazione significativa tra la malattia cronica intestinale e il successivo sviluppo della demenza.

Questa scoperta apre nuove strade per la ricerca sul morbo di Alzheimer. Se confermata da ulteriori studi, potrebbe portare a nuove modalità di prevenzione e nuove terapie.

È importante sottolineare che lo studio è stato condotto su animali e che sono necessarie ulteriori ricerche per confermare i risultati nell'uomo.

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Immacolata Duni
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