Il Canone RAI è spesso al centro di discussioni accese, soprattutto quando si tratta della sua applicazione su dispositivi aziendali come smart TV, tablet e smartphone. Recentemente, numerose aziende hanno ricevuto comunicazioni dalla RAI che richiedevano il pagamento del canone per il possesso di tali dispositivi, provocando indignazione tra i contribuenti. La normativa vigente prevede che qualsiasi dispositivo in grado di ricevere segnali radiotelevisivi è soggetto al pagamento del Canone RAI, includendo quindi non solo le televisioni tradizionali, ma anche dispositivi moderni, come ad esempio le Smart TV, i tablet e gli smartphone, qualora vengano usati per scopi aziendali.
Secondo le leggi in vigore, il Canone RAI deve essere pagato per qualsiasi dispositivo in grado di ricevere segnali radiotelevisivi. Questo include non solo le televisioni, ma anche altri dispositivi come smart TV, tablet e smartphone utilizzati in ambito aziendale. Le aziende che utilizzano tablet per presentazioni o vendite, ad esempio, potrebbero ricevere richieste di pagamento del canone. Questa situazione deriva da due leggi: il Regio Decreto del febbraio 1938 e la legge del dicembre 1999, entrambe create in un'epoca in cui la tecnologia era molto diversa da quella attuale.
Molte aziende, soprattutto nei settori dell'edilizia, dell'informatica, del commercio e della distribuzione, hanno denunciato di aver ricevuto lettere dalla RAI che richiedevano il pagamento del Canone RAI speciale, che ammonta a circa 346 euro annui. Questa cifra può variare a seconda del settore di appartenenza e viene percepita come una ulteriore tassa ingiusta, soprattutto per le aziende che non utilizzano questi dispositivi per guardare la televisione. Alcune aziende hanno riportato che la RAI richiede il pagamento del canone anche per i tablet aziendali, considerandoli dispositivi atti alla visione dei programmi televisivi.
Il riferimento al Regio Decreto del 1938 sottolinea l'anacronismo delle norme che regolano l'imposta radiotelevisiva. Sebbene la tecnologia e il modo di fruire dei contenuti multimediali siano cambiati radicalmente negli ultimi decenni, la legislazione non si è adeguata di pari passo. Questa discordanza tra vecchi regolamenti e la situazione reale attuale non manca di generare scenari paradossali e contraddittori in cui le aziende sono obbligate a versare tasse per dispositivi che non usano per guardare la TV. La RAI giustifica le proprie azioni sostenendo che il canone è una tassa obbligatoria per il possesso di dispositivi atti a ricevere segnali radiotelevisivi.
La RAI ha avvertito che le utenze abusive saranno segnalate agli organi preposti al controllo degli illeciti tributari, se non si provvede a pagare il canone. Le aziende che utilizzano dispositivi come smart TV per videoconferenze o tablet per il lavoro sono avvisate: è normale pagare il Canone RAI che ammonta a circa 346 euro.
Le polemiche generate da questo anacronismo e paradosso legislativo, pongono in evidenza il bisogno di una riforma del sistema di riscossione del Canone RAI. Non sono pochi gli esperti ad affermare che il metodo attuale di riscossione della tassa non sia più indicato per i tempi moderni. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di esentare le aziende che dimostrano di non utilizzare i dispositivi per guardare la TV, oppure di introdurre un sistema di tassazione più flessibile e proporzionato all’effettivo uso dei dispositivi.
Già nel 2023 si era parlato di far pagare il canone RAI a chi possiede computer, smartphone e tablet. Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva avanzato l’ipotesi di legare il Canone RAI agli smartphone, suscitando proteste da parte delle associazioni dei consumatori. Il canone è sempre stato legato al possesso del televisore e non di altri device. Secondo la legge, computer, smartphone e tablet non pagano il canone se privi di sintonizzatore per ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare.
L'idea di estendere il Canone RAI agli smartphone presenta diverse difficoltà tecniche. In Italia ci sono 107 milioni di numeri cellulari attivi, ma molte di queste SIM sono utilizzate solo per scambio dati. Sarebbe complicato distinguere tra SIM utilizzate per scopi personali e quelle per scopi professionali. Inoltre, molte persone possiedono più di una SIM, complicando ulteriormente la tassazione.
Le associazioni dei consumatori, come Adiconsum e Federconsumatori, si sono opposte alla proposta di estendere il Canone RAI agli smartphone. Adiconsum ha sottolineato che il canone è una tassa sulla proprietà di un dispositivo di ricezione presente nell’abitazione o nell’ufficio, mentre la telefonia mobile ha una valenza personale. Inoltre, la visione dei programmi televisivi tramite smartphone è legata a Internet, non al dispositivo stesso. Federconsumatori ha aggiunto che un sistema di tassazione basato sulle utenze di telefonia mobile sarebbe impraticabile e complicherebbe ulteriormente la vita dei cittadini.