31 Aug, 2024 - 10:30

La vera storia di John Wayne Gacy, il "killer clown" che ha ucciso 33 ragazzi

La vera storia di John Wayne Gacy, il "killer clown" che ha ucciso 33 ragazzi

Da molti è conosciuto come il killer clown: nel corso della sua attività omicidiaria, durata in tutto circa 7 anni, John Wayne Gacy rapì, violentò e uccise 33 ragazzi. Ecco la sua vera storia.

La vera storia di John Wayne Gacy

L'infanzia

John Wayne Gacy nasce a Chicago, nell’Illinois, il 17 marzo del 1942. È il secondo di tre figli, un bimbo come tanti, che tuttavia trascorre un’infanzia tutt’altro che felice. Il padre, violento e alcolizzato, lo picchia e non perde occasione per umiliarlo, sia in privato che in pubblico.

Lo chiama femminuccia oppure ciccione froc*o. Lui, di tutta risposta, ne cerca costantemente l’approvazione. Vuole attenzioni. A 11 anni sbatte la testa cadendo dall’altalena, riportando un esteso ematoma cranico.

In quel periodo accusa forti mal di testa e temporanee perdite di memoria. Poi, a 17 anni, gli viene diagnosticata anche un’insufficienza cardiaca. Gli manca poco al diploma quando, all’improvviso, abbandona la scuola e si trasferisce a Las Vegas, dove trova lavoro come custode di cimitero.

L'adolescenza e il primo matrimonio

La sua nuova vita non dura molto: passato qualche mese Gacy torna infatti dalla famiglia, porta a termine gli studi e si iscrive al college, dove si laurea a pieni voti in Economia e Commercio. Nel giro di poco viene assunto come manager per un negozio di scarpe di Chicago e poi per uno di abbigliamento maschile di Springfield. Il suo talento per le vendite è notevole.

Nel 1964 inizia a frequentare la giovane Marlynn Myers e poi la sposa. Il suocero, rinomato imprenditore nel settore della ristorazione, gli propone, a quel punto, di dirigere i tre fast food della Kentucky Fried Chicken che possiede a Waterloo, nell’Iowa.

Si tratta di un’opportunità imperdibile: Gacy la coglie al volo e insieme alla moglie e ai due figli Michael e Christine si trasferisce nella contea di Black Hawk. Oltre a lavorare sodo per i ristoranti, si prodiga per la comunità, diventando un attivista politico.

La condanna per sodomia

Tutto ad un tratto, la discesa negli inferi. È il 1967 quando aggredisce il 15enne Donald Voorhees dopo averlo attirato nella sua abitazione con la promessa che avrebbero guardato dei film porno: lo stordisce prima con dell’alcol, poi lo costringe a praticargli una fellatio.

Un anno dopo, superata la paura di parlare, il giovane lo denuncia e Gacy viene arretato per molestie. Nello stesso anno, il 1968, viene condannato a 10 anni per sodomia. La moglie chiede il divorzio e chiede che venga licenziato dai locali di proprietà della famiglia. In carcere lui, intanto, si distingue come detenuto modello, ottenendo, in breve, la libertà condizionata.

Quando esce, nel 1971, trova un impiego come aiuto cuoco nella sua città d’origine; con il supporto economico della madre, compra una casa e vi si trasferisce con la seconda moglie, Carole Hoff, che qualche anno dopo, come la prima, lo lascia.

L'attività omicidiaria di John Wayne Gacy

Negli anni che seguono il suo ritorno in libertà Gacy dà l’impressione di essere cambiato, di essere un uomo nuovo. Mette in piedi un’impresa edile che si occupa di piccoli lavori di manovalanza e poi di vere e proprie costruzioni e diventa membro di un’associazione di volontariato che organizza feste di intrattenimento per bambini, travestendosi da clown.

Poi, nel 1978, succede qualcosa. Gacy finisce nel mirino degli inquirenti per la scomparsa dell’adolescente Robert Piest. Quando gli agenti si recano presso la sua abitazione per un sopralluogo, la terribile scoperta: nel suo seminterrato sono sepolti i corpi di 29 ragazzi.

Arrestato, l’uomo alla fine confessa 33 omicidi, sostenendo di aver gettato i restanti cadaveri nel fiume Des Plaines. Secondo le ricostruzioni, dopo aver attirato le sue vittime le legava e violentava; infine le strangolava.

Provava piacere nel controllarle. Faceva loro ciò che il padre, un tempo, aveva fatto con lui, rivolgendogli gli stessi appellativi. Finito a processo, viene condannato a morte. L’unica cosa di cui sono colpevole è di aver gestito un cimitero senza licenza, dichiara dopo la lettura della sentenza.

Dopo 14 anni trascorsi nel braccio della morte, non di rado a dipingere, il 10 maggio del 1994 è stato giustiziato per mezzo di un’iniezione letale. Le sue ultime parole sono state: Kiss my ass (Baciatemi il cu*o).

Ricordiamo l’appuntamento con Crimini e criminologia, in onda tutti i giorni dalle 19 alle 20 in radiovisione su Radio Cusano Campus e Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre) con la conduzione di Fabio Camillacci.

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Sara D'Aversa
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