La Corte di Cassazione, in due sentenze, ha ribadito la propria posizione sulla presunzione bancaria: riassumendo, i versamenti e i prelievi effettuati sul conto corrente di un professionista oppure di un’azienda incidono sul reddito.
La presunzione bancaria è proprio un rischio al quale incorrono, se non prestano attenzione ai prelievi che effettuano sul proprio conto corrente.
Si tratta, come si può subito immaginare, di un argomento alquanto delicato, anche perché, in base alle ordinanze della Cassazione, le disposizioni valgono sia per redditi d’impresa che per quelli di lavoro autonomo.
Si tratta di un argomento complesso, di cui spiegheremo meglio di seguito.
I versamenti e i prelievi che vengono effettuati su un conto corrente di un professionista oppure di un’azienda incidono sul reddito. Si tratta, per riassumere, del punto di due recenti ordinanze della Cassazione: la n. 21220 e la n. 21214.
I lavoratori autonomi e le aziende dovranno prestare molta più attenzione ai versamenti e ai prelievi che effettuano sul proprio conto corrente, in quanto rischiano la presunzione bancaria. I versamenti che vengono effettuati su un conto corrente devono essere considerati nella quantificazione del reddito.
Stiamo parlando, ovviamente, dei conti di professionisti, aziende o lavoratori autonomi. I contribuenti in questione, come se non bastasse, devono fornire eventuali prove contrarie alla presunzione bancaria.
Questa interpretazione trae spunto dall’articolo 32 del Dpr n. 600/1973, almeno per quanto riguarda la parte riferibile ai versamenti. Nella parte originaria viene utilizzato il termine reddito e, nel caso dei prelevamenti, veniva utilizzata la dicotomia ricavi/compensi.
Passando alla pratica, con tutto ciò l’amministrazione finanziaria ha diritto a utilizzare i prelevamenti per dimostrare l’inattendibilità delle scritture contabili. Può utilizzarle, altresì, come elemento utile per dimostrare presunzioni semplici, ovvero quelle comprovanti l’utilizzo delle somme prelevate per acquisti inerenti alla produzione del reddito.
In definitiva, il conto corrente è un ottimo strumento per l’Agenzia delle entrate, che può utilizzarlo per verificare il reale reddito di un’impresa o di un lavoratore.
I prelievi che vengono effettuati su un conto corrente danno origine alla presunzione bancaria. Si tratta di un termine che può spaventare e che non deve essere sottovalutato.
Questi possono essere utilizzati per operazioni in contanti che potrebbero permettere la produzione di reddito. Ciò significa che, fintanto e laddove sia possibile, sarebbe molto meglio effettuare i pagamenti utilizzando metodi tracciabili, ovvero con carta di credito, bancomat o bonifico.
Le operazioni effettuate su un conto corrente finiscono sempre sotto l’occhio vigile dell’Agenzia delle entrate.
La Corte di cassazione ha dichiarato in due recenti ordinanze che tutti i versamenti e i prelievi effettuati sul conto corrente di un professionista o di un’azienda possono incidere sul reddito. È stato allargato il perimetro dei controlli già sancito dalla Corte Costituzionale.
Nelle ordinanze della Cassazione, come abbiamo visto, si è tornato a parlare del principio della presunzione bancaria. Le due ordinanze rivestono una grande importanza perché investono non solo i redditi d’impresa, ma anche quelli da lavoro autonomo.
Facendo un passo indietro, un contribuente ha deciso di ricorrere in Cassazione. Perché? Riteneva che gli avvisi di accertamento oggetto delle ordinanze precedenti fossero totalmente illegittimi.
I giudici hanno stabilito che i versamenti, effettuati in conto corrente da parte di un professionista o di un lavoratore autonomo, debbano essere considerati in tutto e per tutto nella quantificazione del reddito. Si tratta, quindi, di un’interpretazione completamente diversa dal passato, considerando il fatto che il contribuente deve anche fornire prove contrarie alla presunzione bancaria.