Giorgia Meloni ha altre due settimane per provare a sbrogliare la matassa delle nomine Rai, e non è detto che possano bastare. Alla vigilia del voto per i quattro membri di nomina parlamentare del consiglio d'amministrazione, Camera e Senato hanno fatto slittare al 26 settembre le sedute. Un rinvio necessario davanti allo stallo politico, definito "insopportabile" dal sindacato Usigrai, secondo cui l'azienda è "immobile" per "i veti incrociati dei partiti". Nulla, al momento, lascia intravedere soluzioni nel muro contro muro fra maggioranza e opposizioni, con conseguenti fibrillazioni nel centrodestra. La situazione è ormai cristallizzata da giorni. E le conferenze dei capigruppo di Montecitorio e Palazzo Madama non hanno potuto che prenderne atto, rinviando l'elezione. D'altronde, dopo le nomine delle due Camere, il centrodestra avrebbe bisogno di tre voti del centrosinistra in commissione di Vigilanza per far passare l'indicazione di Simona Agnes come presidente, in quota FI (non in discussione per ora la casella di ad, per Giampaolo Rossi). Ma le opposizioni chiedono che prima di procedere alle nomine dei vertici si definisca la riforma della governance.
La linea dettata da Elly Schlein non cambia neanche davanti alle voci dell'ipotesi messa sul piatto dalla premier di individuare un presidente di garanzia condiviso anche dalle minoranze, rinunciando alla soluzione Agnes. Una mossa vana, notano fonti dem, per provare a rimuovere dalla tv pubblica l'etichetta di 'TeleMeloni'. Un dialogo tra sordi in cui la premier sta cercando una via d'uscita. Al momento la strategia è quella di prendere tempo. E non è detto che si tratti dell'ultimo rinvio. In questa strada stretta, con i vertici ormai scaduti, per Meloni si è aperto un fronte interno al governo, perché Antonio Tajani non intende cedere su Agnes. Non può farlo ora ma più avanti chissà, notano i meloniani, confidando che in queste due settimane di trattative si possa individuare una compensazione per FI e un candidato presidente alternativo, 'di garanzia', su cui magari possa convergere Matteo Renzi, con i voti dei due parlamentari di Italia viva in commissione di Vigilanza Rai. Fra i nomi che più rimbalzano in questi giorni c'è quello di Giovanni Minoli, oltre a Milena Gabanelli, profilo che piace al M5s, oltre a Nino Rizzo Nervo, Roberto Natale e Antonio Di Bella. Da settimane le strategie di FI sono guardate con sospetto nel partito della presidente del Consiglio. E negli ultimi giorni tra gli ambienti meloniani e quelli azzurri non sono mancate le frizioni anche per l'intervista programmata (e poi saltata) su un canale Mediaset, Rete4, con Maria Rosaria Boccia, la donna al centro del caso che ha portato alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano da ministro della Cultura.