Allarme infibulazione a Lecce all'ospedale Vito Fazzi, oggi 14 settembre 2024, dopo il ricovero di una bimba di soli 8 anni, che accusava dolori tra basso ventre e organi genitali. Immediato l'intervento della Procura dei minori del capoluogo pugliese per i dovuti accertamenti. Ma che cos'è questa pratica? E perché in Italia è considerata un reato?
Estremamente diffusa in molti Paesi africani, medio orientali e asiatici, l'infibulazione consiste nella chiusura del canale vaginale - come solitamente si chiude una ferita con i punti - e prevede un'asportazione del clitoride, parziale o totale.
Questa pratica tribale è effettuata sulle donne, o meglio sulle bambine, con l'intento di preservarne la purezza fino al matrimonio. Infatti, dopo le nozze, la sutura viene riaperta chirurgicamente per permettere la consumazione del rito.
In molti casi, infatti, le donne divorziate potrebbero essere nuovamente soggette a una nuova infibulazione, per tornare a uno stato di "purezza" prematrimoniale. Secondo le più recenti stime, entro il 2030 potrebbero arrivare a 68 milioni le ragazze sottoposte a questo procedimento.
La pratica, però, comporta effetti potenzialmente mortali, come il dissanguamento dovuto all'emorragia. Ma a risentirne è sopratutto la vita quotidiana, perché, oltre alla privazione del piacere sessuale, a distruggere la psiche e salute della donna sono tutte le complicanze mediche. Infatti, si potrebbero riscontrare difficoltà durante il parto e danni neurologici per il neonato.
Nonostante le campagne di sensibilizzazione della Comunità europea, moltissime bambine e donne sarebbero tutt'ora a rischio infibulazione, condannata dall'ONU e dall'OMS come una grave violazione dei diritti umani.
In Italia, questa pratica chirurgica è vietata e costituisce reato secondo la legge 9 gennaio 2006 n.7. Chi la pratica "in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni".
Lo sconcertante episodio di sospetta infibulazione, che ha sconvolto nei giorni scorsi Lecce, ha come protagonista una bimba di 8 anni originaria del Mali. La piccola è stata accompagnata all'ospedale Vito Fazzi dal padre, che avrebbe dichiarato ai dottori che la figlia si sarebbe fatta male mentre giocava con il fratellino.
La bambina, in lacrime, avrebbe accusato forti dolori, localizzati fra la pancia e gli organi genitali. Preoccupati, i medici hanno esaminato d'urgenza la piccola, riscontrando una grave emorragia proprio nelle zone intime.
A un primo esame, quindi, il personale medico ha ipotizzato la possibilità che fosse un caso di infibulazione. Così, hanno chiamato la Procura dei minori di Lecce, prontamente intervenuta e avviando tutti gli accertamenti del caso.
Gli inquirenti hanno deciso di mantenere il totale riserbo per tutelare la 8enne. Pochi, quindi, i dettagli sulla vicenda, unica informazione sarebbe che i carabinieri non avrebbero, al momento, escluso alcuna pista. Si indaga, perciò, su un doppio versante, quello dell'infibulazione e quello della violenza sessuale.
Tuttavia, un velo di mistero aleggia sulla storia. Gli agenti, intanto, hanno portato la bimba in una località protetta, dopo che ulteriori esami hanno riscontrato che l'infibulazione risalirebbe a un periodo precedente, mentre l'emorragia sarebbe segnale di una violenza.
Attualmente questa pratica tribale è praticata in oltre 30 Paesi. Le aree geografiche maggiormente coinvolte sarebbero l'Africa, il Medio Oriente, l'Asia e l'America Latina. Ma dati del Parlamento europeo segnalano l'attuazione di questo procedimento anche in Europa.
Infatti, quasi 600mila donne sarebbero state vittime di infibulazione solamente in Europa. Ogni anno, anche nel nostro Paese, migliaia di bambine e donne sarebbero costrette a subire questa pratica o a rischio. A queste sconcertanti cifre si sommerebbero altre 180mila potenziali vittime in altri 13 Paesi.
Commento duro e diretto quello della senatrice di Forza Italia, Licia Ronzulli, che sul caso di Lecce afferma: