Se eliminare i leader dei propri nemici fosse l'unico obiettivo del conflitto che infuria in Medio Oriente da un anno, Israele sarebbe il grande vincitore. Con la morte del leader di Hamas Yahya Sinwar, la guerra entra in un'altra fase senza però terminare. Il partito islamico palestinese ora è molto indebolito e avrà bisogno di tempo per riorganizzarsi: per questo il governo di Netanyahu potrebbe presto colpire Gaza e la Cisgiordania per recuperare gli ostaggi e chiudere un fronte fondamentale.
Restano altri fronti caldi della guerra in Medio Oriente: il Libano e il Mar Rosso. Mentre il primo è territorio di Hezbollah, il secondo è terreno di scontro con i ribelli Houthi che si organizzano dallo Yemen per colpire Israele. I prossimi mesi saranno decisivi per la fine del conflitto, nel frattempo le cancellerie occidentali lavorano a un cessate il fuoco per evitare che il conflitto arrivi a coinvolgere attivamente anche l'Iran. Ha parlato delle sorti della guerra in esclusiva a Tag24 la ricercatrice senior in storia contemporanea presso l’università dell’Insubria Farian Sabahi.
L'operazione di ieri 18 ottobre 2024 costituisce sicuramente un punto di svolta nel conflitto contro Hamas ma non segna assolutamente la fine della guerra in Medio Oriente. L’uccisione di Sinwar è la più grande vittoria di Israele nella guerra contro Hamas a Gaza anche non trattandosi di un’operazione pianificata dalle forze speciali israeliane ma di un attacco casuale delle forze israeliana a Rafah, nella parte meridionale di Gaza, spiega Sabahi a Tag24.
Il premier israeliano Netanyahu è riuscito a infliggere un colpo durissimo a Hamas e ora ha il coltello dalla parte del manico. Il primo ministro ora detta legge ai miliziani palestinesi e non ha intenzione - proprio adesso - di scendere a patti: o i 121 ostaggi saranno restituiti o la giustizia di Tel Aviv si abbatterà sui miliziani, ha detto in un video postato poche ore dopo l'uccisione di Sinwar.
Hamas di tutta risposta ha detto che non si scioglierà, rompendo un silenzio pesantissimo che ha accompagnato la notizia della morte di Sinwar. "Ci sarà un cambio ai vertici, come nel caso di Hezbollah" ha detto Sabahi. Non si può escludere un cambio in peggio - aggiunge Sabahi - spiegando che potrebbe esserci un incremento di attentati terroristici non solo nella regione ma anche in Europa.
Gli effetti dell'operazione che ha eliminato Sinwar sono affiancati da mesi di incessanti bombardamenti e violenze ai danni dei civili palestinesi. "Non dimentichiamo che le decine di migliaia di morti a Gaza
hanno diffuso la rabbia a intere generazioni, giovani che non hanno più nulla da perdere perché hanno perso i famigliari e la speranza di un qualche futuro" continua Sabahi.
'Vittoria totale'. Questa era la promessa di Netanyahu ai cittadini israeliani dopo il 7 ottobre 2023, il premier ora punta al nemico storico nel Medio Oriente: l'Iran. Per anni Tel Aviv ha cercato di far cadere il regime di Teheran riuscendo anche a trovare l'appoggio di movimenti interni alla teocrazia. "Sono decenni che Israele cerca di destabilizzare l’Iran, non dimentichiamo che parte
della diaspora iraniana, anche nel movimento Donna Vita Libertà, sostiene un cambio
di regime innescato da un attacco israeliano" spiega Farian Sabahi. Il Mossad da decenni uccide gli scienziati iraniani e utilizza attacchi informatici contro gli impianti nucleari.
Teheran alla notizia della morte di Sinwar ha lanciato un messaggio a Tel Aviv che suona come un monito: il leader di Hamas sarà ricordato dai giovani palestinesi che saranno animati dalle sue gesta e porteranno avanti la lotta per la distruzione dello Stato ebraico.
Nel discorso dell'Iran rientrano anche gli Houthi. I ribelli yemeniti hanno una loro agenda e il loro obiettivo principale è ottenere qualche legittimazione dagli attori regionali e internazionali, spiega Sabahi a Tag24. Non si tratta dunque di un soggetto che obbedisce agli ordini di Teheran, pur facendo parte dell’Asse della resistenza. Quali saranno le loro mosse nei prossimi mesi? I ribelli hanno dichiarato che continueranno ad attaccare le navi in transito nel Mar Rosso finché non ci sarà il cessate il fuoco a Gaza.
Prima della morte di Sinwar avevano fatto notizia i clamorosi attacchi alla missione di pace delle Nazioni Unite Unifil in Libano. "L’Onu e la comunità internazionale dovrebbero avere il coraggio di dire basta a
Israele e imporre sanzioni internazionali contro lo Stato ebraico" ha spiegato Sabahi a Tag24 parlando del fuoco aperto contro la missione di pace.
Il gesto dello Stato ebraico assieme alla mancata reazione ha dimostrato il proprio fallimento e inutilità della diplomazia internazionale che dopo questo conflitto si trova a dover cambiare. "Criticare Israele è il
grande tabù dell’uomo bianco" conclude Sabahi.