Nel lessico popolare italiano, soprattutto quello romano, il proverbio “Chi entra Papa esce cardinale” è uno dei modi di dire più celebri e ricchi di significato, legato indissolubilmente al Conclave, il segretissimo rito durante il quale i cardinali della Chiesa cattolica eleggono il nuovo Pontefice. Ma cosa significa davvero questa espressione? E perché è diventata così famosa, tanto da essere citata in ogni periodo di sede vacante, quando si rincorrono i nomi dei cosiddetti “papabili”?
Il proverbio nasce dall’osservazione storica di un fenomeno ricorrente: spesso, i cardinali dati per favoriti alla vigilia del Conclave – quelli che la stampa, i fedeli e persino molti porporati considerano quasi certi dell’elezione – finiscono per non essere scelti, tornando alla loro condizione di cardinali, mentre il nuovo Papa è spesso una figura meno attesa o addirittura sorpresa. Il detto, nella sua versione romanesca, suona così: “Chi entra Papa ner Conclave, ne risorte cardinale”.
Questa dinamica è stata osservata in numerosi Conclavi. Un esempio recente è quello del 2013: mentre tutti gli occhi erano puntati su figure come l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, fu invece l’argentino Jorge Mario Bergoglio, quasi ignorato dai pronostici, a essere eletto Papa Francesco. Allo stesso modo, nel 2005, il cardinale Joseph Ratzinger era sì tra i favoriti, ma la sua elezione fu comunque frutto di un processo complesso e non scontato.
Il proverbio ha un significato che va ben oltre il contesto ecclesiastico. Letteralmente, indica che chi entra in Conclave da favorito (cioè “già Papa”) spesso ne esce sconfitto, rimanendo “solo” cardinale. In senso più ampio, il detto insegna che non bisogna mai dare per scontata una vittoria o un risultato, anche quando tutto sembra già deciso a proprio favore. È una lezione di umiltà e prudenza, valida in ogni ambito della vita: dalla politica allo sport, dalla carriera personale alle relazioni umane.
Il proverbio richiama la necessità di non lasciarsi accecare dalla presunzione o dalla sicurezza del risultato, perché le situazioni possono cambiare all’ultimo momento, spesso per dinamiche imprevedibili, giochi di alleanze, strategie o semplicemente per l’intervento di fattori esterni e inattesi.
Il Conclave, con le sue regole antiche e il clima di attesa che lo circonda, è diventato una potente metafora della competizione e dell’incertezza. I cardinali elettori, chiusi nella Cappella Sistina, sono chiamati a scegliere il nuovo Papa tra di loro, ma le dinamiche interne sono spesso imprevedibili: le alleanze si formano e si sciolgono, i voti si spostano, le strategie cambiano di ora in ora.
Così, il proverbio “Chi entra Papa esce cardinale” viene spesso citato anche in altri contesti, per sottolineare come la posizione di favorito sia spesso la più rischiosa. Nel mondo dello sport, ad esempio, si dice che “non è finita finché non è finita”, proprio per ricordare che anche chi parte in vantaggio può essere sorpreso da un outsider inatteso.
La storia dei Conclavi è piena di “papabili” che sono rimasti tali solo nelle previsioni. Oltre al già citato Scola nel 2013, anche altri cardinali come Timothy Dolan, O’Malley, Parolin, Zuppi, Tagle e Sarah sono stati spesso indicati dai media come favoriti, ma la realtà delle votazioni ha spesso riservato sorprese. Questo accade perché, una volta chiuse le porte della Sistina, le logiche esterne lasciano spazio a dinamiche interne che solo i cardinali conoscono davvero.
Il detto ha anche una valenza pedagogica: invita a mantenere umiltà e realismo, a non lasciarsi travolgere dall’ambizione o dalla presunzione. La delusione di chi si sente già Papa e si ritrova invece “solo” cardinale è spesso cocente, e il proverbio ne sottolinea il valore universale: la vittoria non è mai certa fino all’ultimo istante.