Prima a Quarto Grado e poi nel corso di Zona Bianca, l'avvocato difensore di Andrea Sempio, Lovati, ha espresso una sua teoria sull'omicidio di Chiara Poggi. La ragazza sarebbe stata uccisa da un sicario, per conto di più mandanti.
Ma perché questa teoria potrebbe non reggere? Ripercorriamo perché questa pista alternativa, per quanto suggestiva, rimane solo una speculazione senza fondamenta.
L'ipotesi di un sicario inviato da più mandanti, avanzata con particolare enfasi da Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio, dipinge uno scenario dai contorni oscuri, ma che, analizzato nel dettaglio, mostra crepe importanti.
Secondo questa ricostruzione, Chiara Poggi sarebbe stata brutalmente eliminata da un killer professionista. Il movente? La giovane sarebbe diventata un personaggio "scomodo", forse per aver scoperto presunti scandali, anche a sfondo sessuale e di pedofilia, legati a un santuario della zona.
In questo quadro oscuro, Chiara avrebbe potuto rappresentare una minaccia per qualcuno, tanto da indurre più mandanti, rimasti nell'ombra, ad assoldare un sicario per metterla a tacere definitivamente.
Tuttavia, questa narrazione, per quanto possa solleticare l'immaginario collettivo abituato ai thriller, si scontra con una serie di criticità difficili da ignorare, che ne minano pesantemente la credibilità.
Innanzitutto, spicca l'assoluta assenza di prove concrete. Nonostante le affermazioni e le supposizioni, non è mai emerso alcun elemento oggettivo capace di collegare Chiara Poggi a presunti scandali, ricatti o dinamiche torbide legate al santuario o ad altre realtà locali.
Le dichiarazioni su cui si fonda questa teoria non hanno mai trovato riscontri fattuali e quindi restano nel campo delle mere speculazioni.
Un altro punto debole è la mancata identificazione di un qualsivoglia mandante. La teoria presuppone l'esistenza, a detta dell'avvocato, di più figure che avrebbero ordinato l'omicidio. Ma chi sono queste persone? Non si ha alcuna idea, neppure vaga.
Inoltre, la pista del sicario sembra contraddire palesemente le evidenze processuali emerse durante le lunghe e complesse indagini e i vari gradi di giudizio che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi.
Gli elementi raccolti a carico di Stasi, incluse le ben note incongruenze nel suo comportamento e nelle sue dichiarazioni (come l'assenza di tracce ematiche sulle sue scarpe nonostante avesse affermato di aver camminato in una casa intrisa di sangue), hanno costruito un quadro accusatorio che i giudici hanno ritenuto solido fino a emettere una sentenza definitiva.
Infine, aspetto più importante, un sicario professionista difficilmente avrebbe ucciso Chiara in quel modo.
Troppi elementi sulla scena del crimine, così come descritta, sembrano allontanare l'ipotesi di un omicidio su commissione, opera di un sicario esperto.
Innanzitutto, la brutalità dell'aggressione e la quantità di sangue presente appaiono poco compatibili con il modus operandi di un professionista.
Chiara è stata colpita ripetutamente e con accanimento con un oggetto contundente.
Non si è trattata di una fredda e "pulita" esecuzione, magari con un colpo di pistola.
Il fatto che il delitto sia avvenuto all'interno dell'abitazione, poi, lasciando una scena caotica, piena zeppa di sangue e con evidenti segni di colluttazione, contrasta con la tipica ricerca di "pulizia" ed efficienza di un killer.
Un assassino su commissione, per definizione, mira a minimizzare i rischi e a non lasciare dietro di sé elementi che possano ricondurre a lui o ai mandanti. Qui, al contrario, la vittima è stata rinvenuta in una posizione evidente, in fondo alle scale, e la scena era disseminata di tracce ematiche, senza un apparente tentativo di occultamento o pulizia.
La modalità stessa dell'aggressione evoca più un'esplosione di rabbia, un coinvolgimento emotivo intenso, tipico di un delitto d'impeto o passionale, piuttosto che la fredda lucidità di un'esecuzione pianificata.
Un sicario tende ad agire in modo mirato, rapido e, se possibile, silenzioso, per portare a termine il "lavoro" nel minor tempo e con il minor clamore possibile. La dinamica descritta sembra invece indicare una perdita di controllo.
Infine, mancano quegli indizi che solitamente caratterizzano l'azione di un professionista: non sembrano esserci segni di un'effrazione. Chiara infatti ha aperto al suo assassino.
Tutti questi elementi, messi insieme, tendono a delineare un quadro più compatibile con un'azione impulsiva e violenta, scaturita da dinamiche personali, piuttosto che con l'intervento calcolato di un assassino a pagamento.