27 May, 2025 - 18:42

A Gaza il capolinea dell'umanità: una donna e una bambina rovistano tra i rifiuti in cerca di cibo

A Gaza il capolinea dell'umanità: una donna e una bambina rovistano tra i rifiuti in cerca di cibo

Tra le macerie di Gaza, in una strada polverosa e soffocata dal caldo, una donna e una bambina si chinano tra i rifiuti. Attorno a loro, sciami di mosche, un odore acre di decomposizione, sacchi di immondizia aperti e resti di cibo ormai marci. La scena, purtroppo, non è un’eccezione: è la nuova normalità per migliaia di famiglie palestinesi. In questa immagine si concentra tutto il dramma di una popolazione assediata, privata dei diritti più elementari, costretta a sopravvivere tra la fame, la paura e l’abbandono.

A Gaza, la fame come arma di guerra

A Gaza, la fame è diventata una condanna quotidiana. Le immagini di donne e bambini che cercano tra i rifiuti qualcosa da mangiare sono il simbolo di una crisi umanitaria senza precedenti. Secondo le Nazioni Unite e le principali organizzazioni umanitarie, la popolazione civile è ridotta allo stremo: i camion di aiuti che riescono a entrare nella Striscia sono solo una frazione di quelli necessari, mentre i prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle, rendendo impossibile l’acquisto anche dei prodotti più basilari. Il pane è ormai un ricordo, i forni sono chiusi da settimane, le scorte di farina e olio sono esaurite. L’acqua potabile scarseggia, le medicine sono introvabili, le strutture sanitarie al collasso.

Tra discariche e malattie

La donna e la bambina di Gaza non cercano solo cibo: cercano di sopravvivere in un ambiente che è diventato invivibile. Le strade sono sommerse da rifiuti di ogni tipo, compresi quelli ospedalieri, tra cui siringhe e sacche di sangue, carcasse di animali e resti di materiali sanitari. La gestione dei rifiuti è ormai impossibile: gli inceneritori sono stati distrutti, non ci sono più spazi dove smaltire l’immondizia, che viene accumulata in discariche a cielo aperto vicino alle tende degli sfollati. In queste condizioni, il rischio di epidemie è altissimo: i bambini soffrono di diarrea, le donne muoiono di parto, la densità abitativa è tale che si stimano quattro persone per metro quadrato. Non c’è più acqua corrente, né servizi igienici funzionanti.

La negazione di ogni diritto

Questa scena, che dovrebbe scuotere le coscienze del mondo, è solo la punta dell’iceberg di una crisi che ha superato ogni limite. Gaza è diventata il capolinea dell’umanità: qui, ogni giorno che passa senza aiuti si trasforma in una condanna a morte per milioni di persone. Le parole dei sopravvissuti sono cariche di disperazione: “Non so come sfamare la mia famiglia”, “Non ce la facciamo più”, “Non ne possiamo più di seppellire i nostri morti”. Le organizzazioni internazionali denunciano l’insufficienza degli aiuti e chiedono un cessate il fuoco immediato, ma la risposta è il silenzio o, peggio, l’indifferenza.

Una condanna senza appello

Condannare quanto sta avvenendo a Gaza non è solo un dovere morale, è una necessità storica. Nessuna ragione politica o militare può giustificare la fame, la sete, la malattia e la morte inflitte deliberatamente a una popolazione civile. Le immagini di donne e bambini che rovistano tra i rifiuti sono una sconfitta per tutta l’umanità e un’accusa che pesa sulle coscienze di chi ha il potere di fermare questa tragedia e sceglie di non farlo.

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