Le dichiarazioni di Benjamin Netanyahu sulla situazione umanitaria a Gaza hanno sollevato un’ondata di indignazione a livello internazionale. Durante un recente discorso, il primo ministro israeliano ha negato l’esistenza di una carestia di massa nell’enclave palestinese. Il premier ha sminuito le evidenze riportate dalle organizzazioni umanitarie e dalle autorità locali. Le sue parole arrivano sotto una pioggia di critiche da parte di storici alleati occidentali.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha provocato indignazione con le sue affermazioni, rilasciate durante la conferenza dell'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) a Gerusalemme, sulla carestia di cui è vittima la popolazione della Striscia di Gaza.
Netanyahu ha affermato che, dai primi giorni dall'inizio della guerra, Israele ha fornito circa 1,8 milioni di tonnellate di cibo e aiuti umanitari nell’enclave.
Nel suo discorso, il premier israeliano ha ribadito che l'obiettivo del suo governo è quello di perseguire Hamas ma non di perseguitare la popolazione civile della Striscia di Gaza. Infatti, dal 7 ottobre, Netanyahu ha più volte affermato di voler distruggere Hamas e così ha giustificato le azioni intraprese dall’esercito come strumento di autodifesa.
Le dichiarazioni di Netanyahu sono arrivate mentre continuano ad aumentare le pressioni sul suo governo in un momento in cui l’emergenza umanitaria a Gaza diventa sempre più visibile e numerosi alleati occidentali condannano apertamente le azioni di Israele nell'enclave.
I leader di Regno Unito, Francia e Canada hanno lanciato un avvertimento politico e diplomatico al primo ministro israeliano affermando, in una dichiarazione congiunta del 19 maggio, che se Tel Aviv non cambierà la propria politica su Gaza verranno imposte “ulteriori misure concrete in risposta”.
Anche il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, è intervenuto di recente sulla questione, mettendo in discussione i limiti del diritto all'autodifesa e il rispetto del diritto umanitario internazionale, citando esplicitamente la gravità della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza.
Dopo 11 settimane di blocco totale degli aiuti umanitari, le prime distribuzioni sono state avviate proprio in un momento di crescenti critiche nei confronti di Tel Aviv. Il ministro della Sanità dell'enclave ha annunciato, il 22 maggio, che 29 tra bambini e anziani avevano perso la vita a causa della fame.
Un alto funzionario delle Nazioni Unite, Tom Fletcher, ha lanciato un appello alla BBC esortando la comunità internazionale ad agire in modo più incisivo per garantire l’arrivo degli aiuti a Gaza e a “muoversi per prevenire il genocidio”.
Fletcher è stato duramente criticato da Israele dopo aver affermato che, in assenza di interventi immediati, 14mila bambini di Gaza sarebbero potuti morire nel giro di 48 ore.
Mentre Israele continua a difendere la propria linea militare e umanitaria, le immagini e i dati che emergono dall’enclave palestinese raccontano una realtà sempre più drammatica. Le pressioni internazionali si fanno ogni giorno più forti, e la distanza tra la narrazione ufficiale israeliana e quella delle organizzazioni umanitarie sembra ampliarsi.