Negli ultimi giorni, la notizia del possibile ritrovamento del corpo di Padre Paolo Dall’Oglio in una fossa comune nei pressi di Raqqa, in Siria, ha riacceso i riflettori su una delle figure più emblematiche del dialogo interreligioso e della tragedia siriana. Il cadavere di un uomo in abiti religiosi, che si ritiene possa essere quello del gesuita romano scomparso nel 2013, è stato rinvenuto e la conferma ufficiale dell’identità è ancora in corso, come comunicato dal nunzio apostolico a Damasco, cardinale Mario Zenari, e dal vescovo di Qamishlie. Si attende ora l’esito delle verifiche, mentre la notizia ha suscitato emozione e speranza tra chi, da anni, chiedeva verità sulla sorte del sacerdote.
Paolo Dall’Oglio nasce a Roma il 17 novembre 1954. Oggi avrebbe 70 anni. Gesuita dal 1975, si distingue fin da giovane per una profonda vocazione spirituale e un interesse particolare per il dialogo tra le religioni. Dopo la formazione in Italia e studi universitari a Beirut, si trasferisce in Siria, dove nel 1982 scopre i ruderi dell’antico monastero di Mar Musa al-Abashi, nel deserto a nord di Damasco.
Dall’Oglio è noto per aver rifondato negli anni Ottanta la comunità monastica cattolico-siriaca Al-Khalil presso il monastero di Deir Mar Musa, erede di una tradizione cenobitica risalente al VI secolo. La sua vita è sempre stata segnata da una profonda apertura verso l’altro e da un impegno costante per la pace e la convivenza tra cristiani e musulmani.
Padre Paolo viene ordinato sacerdote del rito siriaco cattolico nel 1984. La sua missione si sviluppa attorno al restauro e alla rinascita del monastero di Mar Musa, che diventa presto un centro di spiritualità, accoglienza e dialogo interreligioso. Nel 1992 fonda la comunità spirituale Al-Khalil, aperta a uomini e donne di diverse confessioni e culture, con l’obiettivo di promuovere la pace e la comprensione reciproca tra cristiani e musulmani.
Il suo lavoro si basa su tre pilastri: il dialogo islamo-cristiano, l’ospitalità e l’inculturazione nel contesto arabo-islamico. Dall’Oglio si espone pubblicamente contro la repressione del regime siriano di Bashar al-Assad, sostenendo le ragioni della primavera araba e il processo di democratizzazione del Paese. Questo attivismo politico e religioso lo porta prima all’ostracismo e poi all’espulsione dalla Siria nel giugno 2012.
Dopo l’espulsione, si trasferisce per un breve periodo nel Kurdistan iracheno, continuando a sostenere la sua comunità e il dialogo tra le religioni. Nel 2009 riceve la laurea honoris causa dall’Università cattolica di Lovanio, riconoscimento del suo impegno per la pace e la convivenza.
Il 29 luglio 2013, Padre Paolo Dall’Oglio scompare a Raqqa, nel nord della Siria, allora sotto il controllo dello Stato Islamico (ISIS). Si era recato nella città per trattare la liberazione di alcuni ostaggi e per tentare un dialogo con i jihadisti, in un contesto di guerra e violenza estrema. Da quel giorno, non si sono avute più notizie certe sulla sua sorte: il rapimento non è mai stato rivendicato e le informazioni circolate negli anni sono rimaste frammentarie e spesso contraddittorie.
La sua scomparsa ha rappresentato uno dei casi più noti di sequestri e sparizioni forzate nel conflitto siriano, simbolo delle difficoltà e dei pericoli affrontati dagli operatori religiosi e umanitari nella regione. La Santa Sede e la famiglia hanno continuato a chiedere verità e giustizia, mantenendo viva la memoria e il messaggio di Padre Paolo.
Oggi, a quasi dodici anni dalla scomparsa, il ritrovamento di un corpo in abiti religiosi nei pressi di Raqqa apre uno spiraglio sulla sua sorte. Le autorità vaticane e i gesuiti presenti sul territorio sono impegnati nelle verifiche per l’identificazione. Se confermata, la notizia rappresenterebbe la chiusura di un doloroso capitolo, ma anche il riconoscimento del sacrificio di un uomo che ha dedicato la vita al dialogo, alla pace e alla difesa della dignità umana.
Padre Paolo Dall’Oglio resta una figura di riferimento per la Chiesa, per il mondo del dialogo interreligioso e per chi crede nella possibilità di costruire ponti anche nei luoghi più segnati dal conflitto. La sua eredità spirituale e il suo messaggio di incontro tra i popoli continuano a vivere nella comunità di Mar Musa e nelle tante persone che ha ispirato.