Il Decreto sicurezza è stato approvato con 109 voti favorevoli, 69 contrari e una astensione.
Vengono introdotti 14 nuovi reati, 9 aggravanti e norme più severe, scatenando subito le proteste delle opposizioni per il rischio di derive repressive.
In questo articolo, andremo a vedere l’iter di approvazione del decreto sicurezza e quali sono i principali reati introdotti.
Il Senato ha dato il via libera definitivo al Decreto sicurezza voluto dal governo Meloni, con 109 voti a favore, 69 contrari e un’astensione, rendendolo così legge.
Il provvedimento rappresenta uno dei più severi degli ultimi anni, introducendo 14 nuovi reati e 9 aggravanti, oltre a inasprire le pene per alcune condotte.
Particolare attenzione è riservata alle azioni di dissenso e protesta sociale: manifestazioni non autorizzate, blocchi stradali, forme di resistenza passiva e atti simbolici di contestazione vengono ora considerati reati penali, con impatti significativi su movimenti come quelli ambientalisti.
Il decreto introduce una disposizione molto contestata dalle opposizioni, definita «norma anti-Gandhi», che penalizza anche le proteste pacifiche che provocano blocchi stradali o ferroviari legati a manifestazioni contro opere pubbliche.
Di fatto, ostacolare la circolazione su strada o rotaia diventa un reato. Chi blocca da solo una via rischia fino a un mese di reclusione, mentre le pene salgono da sei mesi a due anni quando il blocco è organizzato da più persone.
Il decreto introduce il reato di «occupazione arbitraria di immobile adibito a domicilio altrui», punibile con la reclusione da 2 a 7 anni.
In caso di occupazione illegittima, la polizia giudiziaria potrà ordinare il rilascio immediato dell’abitazione senza necessità di un provvedimento del giudice.
La misura punta a rendere più rapidi gli sgomberi, superando i ritardi legati ai tradizionali iter giudiziari.
Viene introdotto un nuovo reato che modifica profondamente l’approccio al dissenso all’interno di carceri, CPR e hotspot: la rivolta viene ora punita anche in assenza di atti violenti, includendo forme di resistenza passiva come il rifiuto di eseguire ordini.
Le pene variano da uno a sei anni, con un inasprimento fino a dieci per chi viene identificato come organizzatore.
Il decreto interviene anche sul trattamento delle detenute in gravidanza o con figli piccoli, prevedendo il trasferimento obbligatorio negli Icam (istituti a custodia attenuata per madri) e togliendo al giudice la possibilità di sospendere la pena. Questo significa che anche le donne incinte o con figli sotto l’anno di età potranno finire in carcere.
Il decreto, oltre a introdurre nuovi reati, potenzia in modo significativo le garanzie per le forze dell’ordine.
Secondo le nuove norme, agenti di polizia, vigili del fuoco e militari coinvolti in indagini per fatti connessi al servizio non saranno più sospesi automaticamente.
Le spese legali saranno coperte dallo Stato fino a un massimo di 10.000 euro per ciascuna fase del processo, senza possibilità di recupero degli importi nel caso di archiviazione, proscioglimento o non luogo a procedere, salvo che emergano gravi negligenze.
In pratica, la misura alleggerisce la posizione dell’operatore sotto indagine, spostando l’onere di provare eventuali condotte irregolari sulla magistratura, prima che possano essere negate tutele o disposte sospensioni.
Una delle poche iniziative legislative ad aver ottenuto un ampio consenso bipartisan è l’inasprimento delle pene per chi commette truffe ai danni degli anziani.
Il provvedimento prevede una reclusione da due a sei anni e multe fino a 3.000 euro. Si tratta di un intervento dal forte valore simbolico, accolto favorevolmente anche dalle opposizioni.
Tuttavia, la misura si inserisce in un quadro normativo più ampio che viene giudicato da molti come squilibrato e troppo incentrato sull’aspetto repressivo, soprattutto su temi sociali particolarmente delicati.
Il Senato ha approvato con 109 voti favorevoli il decreto Sicurezza, che introduce 14 nuovi reati e 9 aggravanti, inasprendo le pene per numerosi comportamenti già previsti dal codice penale.
Il provvedimento colpisce in particolare le forme di protesta sociale, trasformando in reati penali manifestazioni non autorizzate, blocchi stradali, resistenza passiva e contestazioni simboliche, con ripercussioni rilevanti per movimenti come quello ambientalista.