Giovanni Brusca è uno dei nomi più tristemente noti della storia criminale italiana, simbolo della ferocia di Cosa Nostra e protagonista di alcune delle pagine più oscure della lotta tra Stato e mafia. Conosciuto come “il boia di Capaci” o “u verru” (il porco), Brusca è stato il mafioso che materialmente azionò il telecomando che fece esplodere l’autostrada di Capaci il 23 maggio 1992, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta.
Pluriomicida e capo del mandamento di San Giuseppe Jato, Brusca ha confessato di aver commesso o ordinato oltre 150 omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, strangolato e sciolto nell’acido. Dopo una lunga latitanza e la condanna a trent’anni di carcere, Brusca è diventato collaboratore di giustizia, ottenendo sconti di pena e la scarcerazione dopo 25 anni, suscitando forti polemiche nell’opinione pubblica.
Giovanni Brusca nasce il 20 febbraio 1957 a San Giuseppe Jato, un piccolo centro in provincia di Palermo, in una famiglia profondamente radicata nella mafia locale. Il padre, Bernardo Brusca, era il potente capomandamento del paese e fedele alleato del clan dei Corleonesi guidato da Totò Riina. Anche i fratelli di Giovanni, Enzo ed Emanuele, furono coinvolti nelle attività mafiose.
Cresciuto in un ambiente criminale, Brusca abbandona presto la scuola (si ferma alla quinta elementare) e, già da ragazzino, inizia a svolgere piccoli incarichi per conto del padre, come portare viveri e messaggi ai latitanti nascosti nelle campagne di San Giuseppe Jato. A 12 anni è già coinvolto in attività mafiose, a 19 entra ufficialmente nella cosca del padre dopo aver commesso i suoi primi omicidi; il suo “padrino” nella cerimonia di iniziazione fu proprio Totò Riina.
La vita privata di Giovanni Brusca è rimasta a lungo nell’ombra, protetta dal riserbo imposto dalla sua condizione di latitante e poi di detenuto. Nel 2002, mentre era in carcere, Brusca ha sposato la sua compagna, dalla quale aveva già avuto un figlio. Il matrimonio è stato celebrato dopo lunghe autorizzazioni burocratiche e alla presenza di pochi intimi, come consentito dal regime carcerario a cui era sottoposto.
La moglie di Brusca si chiama Rosaria Cristiano. Il figlio, nato prima del matrimonio, è cresciuto in condizioni di massima riservatezza e, come il resto della famiglia, vive sotto falsa identità e sotto protezione, lontano dalla Sicilia, per ragioni di sicurezza.
Il curriculum criminale di Giovanni Brusca è tra i più sanguinosi nella storia della mafia siciliana. Pluriomicida, Brusca è stato uno dei killer più spietati dei Corleonesi, partecipando attivamente alla cosiddetta “seconda guerra di mafia” degli anni Ottanta, durante la quale si rese responsabile di numerosi omicidi di mafiosi rivali, spesso strangolati e sciolti nell’acido.
Tra i delitti più efferati di cui si è macchiato, oltre alla strage di Capaci, vi sono:
Brusca fu arrestato il 20 maggio 1996, dopo quattro anni di latitanza. Inizialmente tentò di depistare gli inquirenti, ma poi decise di collaborare con la giustizia, diventando uno dei più importanti “pentiti” di Cosa Nostra. Le sue dichiarazioni portarono alla condanna di decine di mafiosi e alla ricostruzione di molti misteri legati a Cosa Nostra.
Condannato a trent’anni di reclusione, Brusca ha scontato 25 anni di carcere, beneficiando di numerosi permessi premio per buona condotta e di uno sconto di pena dovuto alla collaborazione con la giustizia. Nel maggio 2021 è stato scarcerato, rimanendo per quattro anni in libertà vigilata e sotto protezione, con l’obbligo di vivere lontano dalla Sicilia e sotto falsa identità.
Brusca ha confessato di aver commesso o ordinato personalmente oltre 150 omicidi: “Non ricordo i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento”, ha dichiarato. La sua liberazione ha suscitato indignazione tra i familiari delle vittime e nell’opinione pubblica, ma è stata resa possibile dalle leggi sui collaboratori di giustizia, che prevedono sconti di pena per chi aiuta lo Stato a combattere la mafia.