Tommaso Minervini è una figura di spicco della politica pugliese, noto soprattutto per il suo ruolo di sindaco di Molfetta, città portuale della provincia di Bari. La sua lunga carriera amministrativa e il recente arresto nell’ambito di una vasta inchiesta giudiziaria hanno riportato il suo nome al centro dell’attenzione pubblica e mediatica. Ma chi è davvero Minervini e quali sono le accuse che hanno portato al suo arresto?
Nato il 20 giugno 1954, Tommaso Minervini ha dedicato gran parte della sua vita al servizio pubblico. Prima di entrare stabilmente in politica, è stato per decenni capo dell’area giuridico-pedagogica del carcere “Alcide de Gasperi” di Bari, incarico che ha ricoperto fino alla pensione. La sua esperienza nel settore penitenziario gli ha conferito una profonda conoscenza delle dinamiche sociali e amministrative, competenze che ha poi trasferito nella gestione della cosa pubblica.
Minervini è arrivato alla guida del Comune di Molfetta nel 2017, sostenuto da una coalizione di liste civiche e dal Partito Democratico. In quell’occasione vinse al ballottaggio contro Isabella Maria Rosaria De Bari, candidata sostenuta da Forza Italia e Fratelli d’Italia. Nel 2022, confermando la sua popolarità, è stato rieletto sindaco con il supporto di diverse liste, tra cui Azione, battendo al secondo turno Pasquale Drago, candidato di PD e M5S. Il suo stile amministrativo è sempre stato descritto come sobrio e di basso profilo, tanto che, come hanno sottolineato i suoi legali, “non possiede neanche una casa” e conduce una vita semplice.
Il 6 giugno 2025, la Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza di arresti domiciliari nei confronti di Tommaso Minervini su disposizione della Procura di Trani. L’inchiesta, che coinvolge anche altri dirigenti comunali e imprenditori, ruota attorno a presunti episodi di corruzione, turbativa d’asta, peculato e falso legati all’assegnazione di appalti pubblici, in particolare quelli relativi alla realizzazione del nuovo porto commerciale di Molfetta.
Secondo l’accusa, Minervini avrebbe promesso la gestione trentennale delle nuove banchine portuali a un imprenditore barese, Leonardo Totorizzo, in cambio di sostegno elettorale, ovvero voti. L’indagine, partita tre anni fa con i primi accertamenti sulla nuova area mercatale, si è poi estesa agli appalti per il porto, già in passato al centro di altre inchieste giudiziarie. Oltre a Minervini, sono finiti ai domiciliari anche la dirigente comunale Lidia De Leonardis, mentre altri funzionari e imprenditori sono stati colpiti da misure interdittive o dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.
Le contestazioni mosse dalla Procura sono gravi e articolate: corruzione, turbativa d’asta, peculato e falso, per un totale di 21 capi di imputazione. In particolare, si ipotizza che Minervini abbia favorito alcuni imprenditori nell’assegnazione di appalti pubblici in cambio di appoggi elettorali e che abbia gestito in modo irregolare fondi destinati a scopi sociali.
Durante un lungo interrogatorio davanti alla gip di Trani, Marina Chiddo, il sindaco ha respinto con fermezza tutte le accuse, dichiarando di non aver mai preso denaro e di aver sempre agito nell’interesse esclusivo della collettività. I suoi avvocati hanno sottolineato l’assenza di gravi indizi di colpevolezza e la mancanza di pericolo di reiterazione dei reati, chiedendo quindi la revoca delle misure cautelari. La difesa ha inoltre contestato la presunta utilità elettorale degli accordi con l’imprenditore Totorizzo, evidenziando che il figlio di quest’ultimo, candidato in una delle liste a sostegno di Minervini, ha ottenuto solo 51 voti, mentre il sindaco ha vinto con un ampio margine.
L’arresto di Tommaso Minervini rappresenta un nuovo terremoto politico per la Puglia, già scossa da altre recenti inchieste su corruzione e malaffare nella pubblica amministrazione. Il caso, ancora in fase istruttoria, pone interrogativi sulla gestione degli appalti pubblici e sulla trasparenza delle istituzioni locali. Minervini, dal canto suo, si dice “addolorato dalle ricostruzioni mediatiche” che mettono in dubbio la sua onestà e la sua lunga esperienza amministrativa.
La vicenda è destinata a far discutere ancora a lungo, sia per la complessità delle accuse sia per la figura del sindaco, considerato da molti un amministratore esperto e integerrimo. Sarà ora la magistratura a stabilire le eventuali responsabilità penali, mentre la città di Molfetta attende di conoscere il destino del suo primo cittadino.