La vicenda di Ilaria Salis, eurodeputata italiana eletta con Alleanza Verdi Sinistra, è tornata al centro del dibattito europeo e nazionale.
Dopo aver trascorso 16 mesi in carcere in Ungheria con l’accusa di aver aggredito militanti neonazisti durante una manifestazione antifascista nel febbraio 2023, Salis è stata liberata dagli arresti domiciliari grazie all’immunità parlamentare ottenuta con l’elezione all’Europarlamento.
Oggi, però, questa immunità è fortemente a rischio e il suo futuro politico e personale si deciderà tra poche settimane.
L’immunità parlamentare europea tutela gli eurodeputati da procedimenti giudiziari legati alle opinioni espresse o ai voti dati nell’esercizio delle loro funzioni, o nei casi in cui si ravvisi un intento persecutorio che possa ostacolare il libero esercizio del mandato.
Tuttavia, la richiesta di revoca presentata dall’Ungheria si basa su fatti avvenuti prima dell’elezione di Salis, quando non era ancora parlamentare, né candidata.
Questo rappresenta il principale ostacolo al mantenimento della protezione: la giurisprudenza europea, infatti, tende a negare l’immunità per reati contestati prima dell’inizio del mandato parlamentare.
Il relatore del procedimento presso la Commissione Affari Giuridici (JURI) del Parlamento europeo, lo spagnolo Adrian Vazquez Lazara (PPE), ha già annunciato la sua intenzione di proporre la revoca dell’immunità, ritenendo che “non sussistono gli estremi per mantenerla”.
La posizione del relatore trova ampio sostegno tra i membri della commissione, anche perché il presunto reato non è connesso all’attività parlamentare e non ricade nelle fattispecie protette dall’immunità.
La Commissione JURI ha fissato la data decisiva: il voto sulla revoca dell’immunità di Ilaria Salis si terrà il 24 giugno 2025. In quella seduta, i membri della commissione esprimeranno il loro parere sulla richiesta ungherese.
Se la maggioranza voterà a favore della revoca, la decisione dovrà poi essere ratificata dalla Plenaria del Parlamento europeo, che potrebbe calendarizzare la votazione già nei giorni immediatamente successivi.
Il voto in commissione si svolgerà a porte chiuse, come previsto per questo tipo di procedimenti. La procedura prevede che, dopo il voto della JURI, il dossier passi all’assemblea plenaria, dove tutti gli eurodeputati saranno chiamati a esprimersi, con scrutinio segreto, sulla revoca dell’immunità.
Questo dettaglio potrebbe giocare a favore di Salis, che spera in una “fronda” trasversale tra i gruppi parlamentari più garantisti, come il PPE, dove non tutti sono convinti della necessità di revocare la protezione.
Se il Parlamento europeo dovesse approvare la revoca dell’immunità, Salis non perderebbe il seggio da eurodeputata, ma il processo a suo carico in Ungheria potrebbe riprendere immediatamente.
La magistratura ungherese avrebbe così la possibilità di richiedere nuovamente misure restrittive nei suoi confronti, inclusa la custodia cautelare o l’arresto, in base all’evoluzione del procedimento penale.
Salis ha già lanciato un appello pubblico ai colleghi eurodeputati, denunciando il rischio di una “persecuzione politica certa e spietata” in Ungheria. Secondo l’eurodeputata, il processo a Budapest sarebbe “pesantemente condizionato dal potere politico” e la sua libertà personale potrebbe essere nuovamente compromessa.
Il caso Salis è diventato un banco di prova per il Parlamento europeo, chiamato a bilanciare la tutela dei diritti fondamentali e il rispetto delle regole che disciplinano l’immunità.
La discussione in commissione è stata serrata, con posizioni diverse tra i gruppi politici: sinistra, verdi e socialisti hanno espresso forti dubbi sulla possibilità di garantire un processo equo in Ungheria, mentre i popolari e i liberali sembrano orientati verso la revoca, pur con qualche incertezza interna.
Il 24 giugno sarà quindi una data cruciale non solo per il destino personale e politico di Ilaria Salis, ma anche per il segnale che il Parlamento europeo vorrà dare in tema di diritti, giustizia e autonomia delle istituzioni rispetto alle pressioni degli Stati membri.