10 Jun, 2025 - 08:12

Massimo Bossetti, le prove al processo Yara e la difesa: i punti chiave che infiammano il dibattito

Massimo Bossetti, le prove al processo Yara e la difesa: i punti chiave che infiammano il dibattito

Siamo a Brembate di Sopra, il pomeriggio del 26 novembre 2010. Yara Gambirasio, 13 anni, esce dal centro sportivo dove pratica ginnastica ritmica e si avvia a piedi verso casa, quando di lei, all'improvviso, si perdono le tracce.

Tre mesi dopo, un aeromodellista impegnato in dei test in un campo di Chignolo d'Isola, a pochi chilometri di distanza, scopre il suo corpo senza vita adagiato tra i rovi. Il medico legale stabilisce che è morta a causa delle lesioni riportate e della lunga esposizione al freddo. 

Sui suoi vestiti viene isolato un profilo genetico. Quel Dna che, più avanti, porterà all'arresto e alla condanna (definitiva) di Massimo Giuseppe Bossetti. Contro di lui, in realtà, ci sono diverse prove. Prove che tuttavia la difesa ha sempre contestato, sostenendo che l'uomo sia stato vittima di un errore giudiziario. 

Il Dna di "Ignoto 1": la prova che ha incastrato Massimo Bossetti

La principale prova contro Bossetti, in gergo "prova regina", è proprio il profilo genetico maschile isolato sugli slip e sugli abiti di Yara, inizialmente classificato come "Ignoto 1" e poi attribuito a lui. Il percorso per identificarlo è stato lungo e complesso.

Dopo il ritrovamento del corpo della giovane e i primi accertamenti, in mancanza di un sospettato da sottoporre ad analisi comparativa, gli inquirenti decisero di effettuare prelievi a tappeto tra gli uomini residenti nella zona.

Grazie allo screening, emerse che il Dna ritrovato apparteneva a un componente della famiglia Guerinoni. Più precisamente, si stabilì che "Ignoto 1" era con certezza il figlio (illeggittimo) di Giuseppe Benedetto Guerinoni, deceduto anni prima. 

Le indagini si concentrarono a quel punto su tutte le donne che avrebbero potuto avere una relazione con lui. Tra le centinaia sottoposte al test c'era anche Ester Arzuffi, madre di Massimo Giuseppe Bossetti.

Il Dna dell'uomo - sposato, con figli - risultò combaciare perfettamente (99,999%) con quello trovato sulla scena del crimine. Una circostanza che, insieme ad altri elementi, permise di incastrarlo.

Pesò il fatto che fosse un muratore e che, secondo gli esami, Yara avesse respirato della calce. Sui vestiti della ragazza furono trovate fibre e "sferette metalliche" compatibili con quelle del furgone dell'uomo.

Gli spostamenti, l'alibi e gli strani comportamenti

C'erano poi gli spostamenti. Fu accertato che il furgone di Bossetti transitò davanti alla palestra di Yara sia prima che dopo la scomparsa. La sua presenza nei dintorni fu confermata anche dall'analisi delle celle telefoniche agganciate dal suo cellulare.

Interrogato dagli inquirenti, Bossetti non seppe fornire un alibi convincente. Inoltre, tenne dei comportamenti "sospetti": il giorno dell'arresto, quando le forze dell'ordine lo raggiunsero sul cantiere dove lavorava, provò a scappare. Avrebbe poi dichiarato: "Avevo paura".

Ciò che è sempre mancato è un movente. L'uomo aveva però effettuato online diverse ricerche su minorenni. I giudici che lo hanno condannato all'ergastolo ritengono che l'omicidio sia stato l'esito di un'aggressione a sfondo sessuale non portata a termine. 

Le criticità sollevate dalla difesa e il sostegno dell'opinione pubblica

Negli anni, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori di Bossetti, hanno provato a smontare l'impianto accusatorio, considerato "decisivo" dalla Corte, sostenendo che sia debole e contestando il modo in cui vennero condotte le indagini. 

Di recente, hanno chiesto e ottenuto di visionare i reperti che hanno portato alla condanna definitiva dell'ex muratore di Mapello. Il loro obiettivo è arrivare a fare nuovi esami (visto che a quelli originali non parteciparono) e chiedere, eventualmente, la revisione del processo

Parte dell'opinione pubblica sostiene la loro battaglia. L'interesse è cresciuto soprattutto dopo l'uscita della serie tv Netflix "Il caso Yara - Oltre ogni ragionevole dubbio", che ha contribuito a sollevare dubbi e interrogativi. Si attendono ora eventuali sviluppi. 

Il servizio realizzato sul caso dalla trasmissione Rai "FarWest" - 17 giugno 2024. Nel frattempo, la posizione della pm Letizia Ruggeri, che era indagata per frode processuale e depistaggio, è stata archiviata. 

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