La tragica vicenda di Liliana Resinovich, la 63enne triestina scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022, continua a scuotere l’opinione pubblica italiana. Quello che sembrava un caso di scomparsa si è trasformato in un giallo fitto di interrogativi, tra ipotesi di suicidio, sospetti di omicidio, voci su un figlio mai nato e un conto in banca da oltre 100 mila euro. A distanza di oltre tre anni, la verità resta ancora avvolta nell’ombra.
Liliana Resinovich, ex dipendente regionale in pensione, viveva a Trieste con il marito Sebastiano Visintin. La mattina del 14 dicembre 2021 esce di casa lasciando tutto: borsa, documenti, cellulari e fede nuziale. Da quel momento si perdono le sue tracce. Il marito denuncia la scomparsa la sera stessa, ma per settimane Liliana sembra svanita nel nulla.
Il 5 gennaio 2022, il suo corpo viene ritrovato nel bosco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, avvolto in due sacchi neri, con sacchetti di plastica stretti attorno al collo. La scena appare subito inquietante: chi ha ridotto così il corpo di Liliana? E perché?
Le indagini iniziali si orientano verso l’allontanamento volontario o il suicidio. L’autopsia non esclude questa possibilità: sul cordino che stringeva i sacchetti attorno al collo ci sono tracce di DNA della vittima, e secondo la prima ricostruzione Liliana si sarebbe tolta la vita poco prima del ritrovamento. La Procura di Trieste, nel febbraio 2023, chiede l’archiviazione del caso come suicidio.
Ma la famiglia di Liliana, in particolare il fratello Sergio, non ci sta e si oppone fermamente, sostenendo che la donna sia stata uccisa per motivi economici. Sergio presenta una memoria alla Procura in cui indica anche un possibile colpevole, un parente.
Uno degli elementi più discussi riguarda il conto corrente di Liliana, sul quale risultano depositati oltre 100 mila euro. Una somma che, secondo il fratello, potrebbe aver rappresentato il movente dell’omicidio. A casa di Visintin, inoltre, vengono trovati circa 20 mila euro in contanti, oltre ad altre somme distribuite tra parenti e una spesa di 26 mila euro in un ristorante, la cui provenienza resta oscura.
A complicare il quadro, una coppia di amici dichiara che Visintin avrebbe tentato di affidare loro una somma consistente di contanti dopo la scomparsa della moglie. Durante le perquisizioni, emergono anche dei cordini di canapa, non presenti nella prima ispezione ma trovati successivamente in un cassetto della casa.
Un altro mistero riguarda il cosiddetto “figlio mai nato”. In un’intercettazione ambientale, Visintin racconta a un amico di aver accompagnato Liliana ad abortire nel 1991, ipotizzando che il figlio potesse non essere suo, ma forse di Claudio Sterpin, l’amico speciale di Liliana. Per i giudici, però, si tratta solo di pettegolezzi, ma la vicenda contribuisce ad alimentare il clima di sospetto e tensione.
Nel 2024, la situazione cambia radicalmente grazie a una nuova perizia condotta dall’antropologa forense Cristina Cattaneo. La super perizia stabilisce che Liliana è morta per asfissia meccanica esterna, il giorno stesso della scomparsa, e che il suo corpo non è mai stato spostato dal luogo del ritrovamento. Emergono anche una frattura alla vertebra T2, lesioni sul volto e sulla mano, e tracce compatibili con indumenti del marito. La perizia esclude il suicidio e indica chiaramente l’omicidio.
Il modo in cui il corpo è stato trovato solleva ulteriori dubbi: Liliana era avvolta in quattro sacchi della spazzatura, due neri e due biodegradabili, senza alcuna impronta della vittima sugli stessi. Secondo il consulente della famiglia Sterpin, sarebbe stato impossibile per Liliana infilarsi da sola nei sacchi e chiudersi i sacchetti attorno al collo senza lasciare tracce. Sui sacchi, invece, sono state trovate tracce di un guanto in tessuto, lasciato poco lontano dal cadavere.
A seguito delle nuove evidenze, il gip di Trieste riapre il caso nel febbraio 2023, riqualificando il reato come omicidio. L’11 aprile 2025, Sebastiano Visintin viene ufficialmente iscritto nel registro degli indagati per l’omicidio della moglie. La perquisizione nella sua abitazione dura oltre sette ore, ma Visintin si dichiara innocente e si dice all’oscuro delle indagini.