Il delitto di Garlasco, che il 13 agosto 2007 costò la vita a Chiara Poggi, continua a essere uno dei casi più discussi e controversi della cronaca nera italiana. A quasi vent’anni dall’omicidio, nuove indagini e documenti inediti pubblicati dal settimanale Giallo riaccendono i riflettori su una domanda fondamentale: a chi appartengono le oltre cento impronte digitali repertate nella villetta di via Pascoli? E perché molte di esse restano, ancora oggi, senza un nome?
Le indagini condotte dai Ris di Parma subito dopo il delitto permisero di raccogliere e catalogare centinaia di impronte digitali e palmari all’interno della casa dei Poggi. La maggior parte di queste, come era prevedibile, apparteneva ai membri della famiglia: Marco Poggi, fratello di Chiara, che viveva nella villetta, e i genitori della vittima. Tuttavia, tra le tracce spiccano almeno venti impronte "fantasma", mai attribuite a nessuno, e altre lasciate da investigatori intervenuti sulla scena, che avrebbero contaminato i rilievi toccando superfici senza guanti.
Secondo quanto riportato da Giallo, alcune impronte – come la numero 37, attribuita al capitano dei carabinieri Gennaro Cassese, e altre lasciate dai colleghi Pizzamiglio e Sangiuliano – testimoniano una gestione non sempre rigorosa della scena del crimine da parte degli inquirenti. Questo ha reso più difficile distinguere le tracce realmente significative da quelle lasciate dopo l’omicidio.
Tra le impronte più discusse c’è la cosiddetta "impronta 33", rinvenuta sulla parete delle scale interne della villetta, proprio dove fu ritrovato il corpo di Chiara. Per anni rimasta senza attribuzione, grazie alle nuove tecnologie è stata recentemente collegata ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. L’analisi dattiloscopica ha individuato 15 punti di corrispondenza tra la traccia e il palmo destro di Sempio.
La presenza di questa impronta ha riaperto il dibattito: Sempio ha sempre dichiarato di aver frequentato casa Poggi per motivi di amicizia, ma la posizione esatta della traccia e la sua distanza dal primo gradino delle scale sono ora oggetto di nuove perizie, con i Ris di Cagliari impegnati in una ricostruzione 3D della scena del crimine. Tuttavia, datare con precisione quando sia stata lasciata quell’impronta resta quasi impossibile.
Accanto alle impronte identificate, rimangono almeno venti tracce senza attribuzione, etichettate come "di nessuna utilità" dagli investigatori dell’epoca. Si tratta delle impronte dalla 32 alla 35, dalla 38 alla 43, la 45, la 47 e dalla 49 alla 56. Nessuno, finora, ha spiegato chi possa averle lasciate e in quale momento. Il settimanale Giallo sottolinea come non siano state trovate impronte di Chiara nella sua stessa casa, né quelle dei genitori, mentre Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio, ha lasciato solo due impronte: una sul dispenser del sapone e una sul cartone della pizza consumata la sera precedente.
A rendere ancora più complesso il quadro, ci sono le impronte misteriose nel salotto, dalla forma regolare, come se il divano fosse stato spostato dopo il delitto: queste tracce, fotografate ma mai analizzate, sono rimaste inspiegate e dimenticate, pur trovandosi al centro della scena del crimine.
La Procura di Pavia ha riaperto il fascicolo, disponendo nuove analisi su reperti mai esaminati o trascurati: dal vasetto di Fruttolo trovato nella pattumiera ai contenitori di Estathé, fino ai tamponi salivari di amici e parenti, nella speranza che le moderne tecniche forensi possano finalmente dare un volto alle impronte rimaste senza nome e chiarire eventuali responsabilità ancora ignote.