Anna Maria Palermo aveva vent'anni quando, il 26 gennaio 1994, fu trovata morta in un fossato a Corlo di Formigine. Il suo nome venne presto associato a quello di altre sette giovani donne uccise nell'arco di dieci anni nella stessa zona: tutte vittime, secondo gli inquirenti dell'epoca, del cosiddetto "mostro di Modena". A trent'anni di distanza, però, restano ancora molti dubbi. Anche perché il presunto serial killer non è mai stato identificato. I familiari della vittima, assistiti dall'avvocata Barbara Iannuccelli, chiedono quindi che il caso venga riaperto.
"Anna Maria presentava un colpo alla testa, diverse coltellate in pieno petto e lividi da afferramento sugli avambracci. L'idea che io e i consulenti - Armando Palmegiani, Marina Baldi e Valentina Marsella - ci siamo fatti è che possa essere stata uccisa da più persone. Che, mentre qualcuno la tratteneva, qualcun altro l'abbia colpita", spiega l'avvocata Iannuccelli.
Accanto al corpo - ritrovato in un canale colmo d'acqua - c'erano un sasso insanguinato, un fazzoletto sporco di rossetto e due siringhe "con due tipi di sangue diversi tra loro e da quello della vittima". Reperti che non furono mai comparati con potenziali sospetti, nonostante un testimone avesse raccontato di aver saputo dalla ragazza che voleva lasciare il fidanzato per andare a convivere con un altro.
"Poco dopo la scomparsa, un soggetto si recò addirittura a casa dei genitori perché la cercava. Non gli fu nemmeno chiesto in che rapporti fossero. Una delle tante domande che avrebbero potuto aiutare - forse - a fare luce sull'accaduto". A distanza di oltre trent'anni, i dubbi, invece, sono ancora tantissimi. E il caso resta, come si dice in gergo, un cold case, un caso irrisolto.
"Fa riflettere", osserva la legale, "anche il fatto che - oltre alla pietra insanguinata accanto al corpo - fu trovato un secondo sasso, posato sul collo della ragazza. È come se l'assassino, o gli assassini, volessero essere certi che fosse affogata, nel caso fosse sopravvissuta".
"Si tratta di un gesto di grande ferocia e crudeltà", prosegue Iannuccelli. "Gesto che, secondo noi, potrebbe indicare che ad ucciderla fu qualcuno che la conosceva. Tutto ciò considerando anche che Anna Maria era vestita e che non presentava segni di violenza sessuale".
"Il problema è che in quegli anni furono investite tantissime energie nel tentativo di cercare similitudini tra i vari casi di omicidio, quando in realtà ogni caso avrebbe dovuto essere trattato in maniera autonoma, e poi eventualmente collegato agli altri", spiega ancora Iannuccelli. Si è perso, in pratica, tempo prezioso.
Oggi, insieme ai familiari della 20enne, hanno quindi deciso di chiedere la riapertura delle indagini. Richiesta che, secondo la legale, "è finalizzata soprattutto alla rianalisi tecnico-scientifica dei numerosi reperti sequestrati attorno al cadavere, che riteniamo esistere ancora, trattandosi di un omicidio, cioè di un reato imprescrittibile".
L'obiettivo? Provare ad arrivare alla verità. "Non si può morire così a vent'anni e non si possono lasciare i familiari senza risposte. Dal canto nostro siamo molto motivati; speriamo di trovare, dall'altra parte, una Procura ben disposta ad ascoltare", conclude l'avvocata, rivolgendo un pensiero alle famiglie che, come quella di Anna Maria, lottano da anni per la giustizia.
"Penso a Marisa Degli Angeli, la madre di Cristina Golinucci - scomparsa da Cesena nel 1992 -, che non si è mai arresa. È per persone come lei che mi viene voglia di buttarmi anima e corpo in queste vicende: per mamme che non hanno nemmeno una tomba su cui piangere i loro figli". Aiutarle è un modo per dire che nessuna vita può essere dimenticata. E che ogni verità negata resta una ferita aperta, per tutti.