13 Jun, 2025 - 11:53

Medio Oriente, Alessandro Orsini: "Israele ha costruito la prima bomba atomica dell'Iran"

Medio Oriente, Alessandro Orsini: "Israele ha costruito la prima bomba atomica dell'Iran"

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 2025, il Medio Oriente è stato scosso da un evento senza precedenti: Israele ha lanciato una massiccia operazione militare contro l’Iran, colpendo siti nucleari e militari strategici, tra cui l’impianto di arricchimento dell’uranio a Natanz e diverse basi nella capitale Teheran. L’attacco, denominato “Operazione Rising Lion”, rappresenta un’escalation drammatica nel conflitto tra i due Paesi e ha già provocato una risposta immediata di Teheran, che ha lanciato oltre 100 droni verso Israele e promesso una “vendetta senza limiti”.

L’operazione Rising Lion: obiettivi e conseguenze

Secondo le fonti israeliane, l’operazione è stata concepita come un attacco preventivo per “neutralizzare la minaccia esistenziale rappresentata dal programma nucleare iraniano”. Il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele è intervenuto perché l’Iran, a suo dire, era ormai vicino alla capacità di produrre una bomba atomica, un rischio considerato inaccettabile per la sopravvivenza stessa dello Stato ebraico.

L’attacco ha colpito non solo infrastrutture nucleari, ma anche figure chiave della leadership militare e scientifica iraniana: tra le vittime figurano il capo delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami, il capo di stato maggiore Mohammad Bagheri e almeno sei scienziati coinvolti nel programma atomico.

La risposta iraniana non si è fatta attendere. Teheran ha definito l’attacco una “dichiarazione di guerra” e ha lanciato una massiccia rappresaglia con droni e missili, minacciando una punizione esemplare contro Israele. Il leader supremo Khamenei ha promesso che il “destino di Israele sarà doloroso”, mentre la comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’evolversi della crisi.

Il commento di Alessandro Orsini

In questo contesto esplosivo, il sociologo Alessandro Orsini, noto per le sue analisi critiche sulle dinamiche del conflitto israelo-iraniano, ha pubblicato un post che ha suscitato un ampio dibattito: “Questa notte Israele ha costruito la prima bomba atomica dell’Iran”.

La frase, volutamente provocatoria, va letta alla luce delle sue precedenti analisi, in cui Orsini ha più volte sostenuto che Israele, senza il sostegno diretto degli Stati Uniti, non sarebbe in grado di battere l’Iran in una guerra totale e che l’unica via per una vittoria israeliana sarebbe l’uso dell’arma nucleare.

Orsini critica la narrazione dominante nei media occidentali, che dipingono Israele come una potenza militare invincibile. Secondo il sociologo, l’attacco israeliano, pur avendo colpito duramente l’apparato nucleare e militare iraniano, potrebbe paradossalmente accelerare la corsa dell’Iran verso la bomba atomica. La logica è che, sentendosi sotto attacco e minacciato nella propria sicurezza nazionale, il regime di Teheran avrebbe ora un incentivo ancora maggiore a dotarsi di un deterrente nucleare, proprio per evitare la propria distruzione in futuro.

“Israele per battere l’Iran senza aiuto Usa dovrebbe usare la bomba atomica”, ha scritto Orsini, sottolineando che la supremazia israeliana è un “falso mito” costruito dai media occidentali. L’attacco, secondo il sociologo, non risolve il problema ma rischia di aggravarlo, spingendo l’Iran a radicalizzare le proprie posizioni e a investire ancora di più nel programma nucleare, anche a costo di affrontare sanzioni e isolamento internazionale.

Uno scenario sempre più pericoloso

L’operazione Rising Lion segna un punto di non ritorno nelle relazioni tra Israele e Iran. Se da un lato Israele rivendica il successo dell’attacco e la “neutralizzazione” di una minaccia esistenziale, dall’altro l’Iran promette una risposta devastante e, come suggerisce Orsini, potrebbe ora accelerare il proprio programma nucleare per garantirsi una deterrenza credibile. La frase del sociologo – “Israele ha costruito la prima bomba atomica dell’Iran” – sintetizza il rischio che la guerra preventiva si trasformi in un boomerang strategico, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per l’intera regione.

La comunità internazionale, intanto, chiede moderazione e il ritorno al dialogo, ma la situazione resta estremamente fluida e il rischio di un conflitto su larga scala è più alto che mai.

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