Nelle ultime ore, la tensione tra Iran e Israele ha raggiunto nuovi livelli di allarme. In risposta ai devastanti attacchi israeliani su Teheran e altre città iraniane, le autorità della Repubblica islamica hanno compiuto un gesto di fortissimo impatto simbolico: issare la cosiddetta "bandiera della vendetta" sulla cupola della moschea di Jamkaran, nella città santa di Qom.
Questo atto, rarissimo nella storia recente dell’Iran, rappresenta molto più di una semplice dichiarazione di intenti: è un messaggio diretto al mondo, carico di significati religiosi, storici e politici.
La bandiera issata è di colore rosso vivo. Nella tradizione sciita, il rosso rappresenta il sangue dei martiri, cioè di coloro che sono stati uccisi ingiustamente e che devono essere vendicati. La bandiera rossa, chiamata anche "bandiera della retribuzione" o "della vendetta", viene utilizzata solo in momenti di gravissima crisi o di guerra imminente, e la sua esposizione pubblica è un evento eccezionale.
Il simbolismo di questa bandiera affonda le sue radici nella storia dell’Islam sciita e, in particolare, nella memoria della battaglia di Kerbala del 680 d.C. In quell’occasione, l’imam Hussein, nipote del Profeta Maometto, fu ucciso insieme ai suoi seguaci dall’esercito del califfo omayyade Yazid. Da allora, il sangue di Hussein è diventato il simbolo del sacrificio e della resistenza contro l’oppressione, e la bandiera rossa richiama direttamente la promessa di vendetta per i martiri di Kerbala.
L’innalzamento della bandiera rossa sulla moschea di Jamkaran non è privo di precedenti, ma ogni volta è stato legato a eventi di straordinaria gravità. Era già accaduto nel gennaio 2020, dopo l’uccisione del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds dei Pasdaran, in un raid statunitense a Baghdad. Allora, la bandiera fu issata come segno di lutto e promessa di ritorsione: pochi giorni dopo, l’Iran lanciò missili contro basi statunitensi in Iraq.
Anche in questa occasione, la bandiera è stata issata dopo la morte di importanti figure militari e scientifiche iraniane, colpite dagli attacchi israeliani, tra cui il capo delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami e il generale Mohammad Bagheri. Il gesto è stato accompagnato da manifestazioni popolari davanti alla moschea, con cori e slogan contro Israele, a sottolineare la mobilitazione dell’opinione pubblica iraniana.
Issare la bandiera della vendetta sulla moschea di Jamkaran è un messaggio rivolto sia all’interno che all’esterno del Paese. Da un lato, serve a rafforzare il senso di unità nazionale e religiosa, evocando la memoria dei martiri e la necessità di una risposta forte all’aggressione subita. Dall’altro, costituisce una vera e propria dichiarazione di guerra simbolica, un avvertimento che l’Iran non lascerà impuniti gli attacchi e si prepara a una possibile escalation militare.
Il gesto assume una valenza ancora più drammatica se si considera che la moschea di Jamkaran è uno dei luoghi più sacri per lo sciismo, meta di pellegrinaggio e centro spirituale profondamente legato alle aspettative messianiche dell’Islam sciita. Qui, la bandiera rossa non è solo un vessillo: è la manifestazione di una promessa solenne, quella di onorare il sangue dei martiri con la vendetta.