"Era un ragazzo di 17 anni: umile, gentile, che si metteva sempre a disposizione degli altri, nonostante lui stesso avesse avuto dei problemi di salute". Maria Catrambone Raso parla di suo figlio Michele Ruffino, morto suicida il 23 febbraio 2018, dedicandogli parole cariche di emozione.
"Ha sempre pensato agli altri e ancora oggi attraverso la sua mamma cerca di salvare qualche altro ragazzo come lui" spiega a TAG24. Michele era vittima dei bulli: lo chiamavano "storpio", lo isolavano. Un giorno ha deciso di farla finita, lanciandosi dal ponte di Alpignano, in provincia di Torino.
Un video condiviso da Michele su YouTube nel 2016
Michele frequentava l'Istituto Alberghiero: sognava di diventare un pasticcere. Ma, purtroppo, fin dalle scuole elementari era stato preso di mira per le sue difficoltà di deambulazione. Quelli che potevano sembrare scherzi innocui, perché fatti da bambini ancora troppo piccoli, sono diventate angherie alle scuole medie.
A causa di un farmaco scaduto, somministrato quando aveva appena sei mesi, a Michele era stata diagnosticata un'ipotonia agli arti superiori e inferiori. Non aveva una camminata stabile, cadeva spesso, e soffriva anche di spasmi muscolari.
Grazie a terapie mirate e alla sua determinazione, aveva fatto enormi progressi a partire dalla terza media. Ma i bulli non si sono mai fermati.
"A volte tornava a casa pieno di sangue. Lo prendevano in giro, lo insultavano anche in un gruppo WhatsApp. Pensavo che cambiando scuola, iniziando le superiori, la situazione sarebbe migliorata. Invece a 17 anni me l'hanno portato via. Avevo insegnato a mio figlio a rispondere con educazione alle provocazioni, senza mai alzare le mani: forse è stato uno sbaglio".
Maria Catrambone Raso racconta la storia di suo figlio con amarezza. Parla degli attacchi continui da parte dei suoi compagni, dell'isolamento a cui lo condannavano. Ricorda quando una professoressa dell'Istituto alberghiero, davanti allo stesso Michele, le avesse sconsigliato di iscriverlo a quella scuola, a causa dei suoi tremolii alle mani.
"Avevo chiesto un parere al medico che lo seguiva e lui mi aveva risposto che Michele poteva fare tutto. Perché non farlo provare? Infatti in pasticceria era diventato bravissimo: a Pasqua dell'ultimo anno aveva realizzato da solo tante uova decorate, precise e bellissime".
Eppure, nonostante Michele ce la mettesse tutta, veniva umiliato non solo dai compagni, ma dagli stessi professori.
"La scuola stava organizzando un viaggio in Inghilterra e Michele ci teneva tantissimo a partecipare. Non dimenticherò mai quando una professoressa mi chiamò dicendomi che non poteva portare Michele perché rallentava il gruppo, perché si stancava un po' più degli altri. Ho risposto: 'Nessun problema'. Michele è andato lo stesso in Inghilterra, la settimana dopo con il papà".
Mamma Maria descrive Michele come un ragazzo molto sensibile, sempre sorridente, nonostante la rabbia che covava dentro di sé. Era arrivato anche all'autolesionismo, procurandosi dei tagli sulle braccia.
"Andavo sempre a scuola per denunciare il problema dei bulli. Ho portato più volte i loro genitori in presidenza, perché volevo ascoltare anche la loro versione, oltre a quella di mio figlio. Dall'istituto mi avevano assicurato che sarebbero intervenuti, invece dopo la morte di Michele mi hanno detto che non si erano accorti di niente".
Michele si è lanciato nel vuoto il pomeriggio del 23 febbraio 2018, dopo le lezioni. Durante l'orario scolastico aveva scritto una lettera, affidandola a una sua compagna di classe, affinché la consegnasse a un suo amico. In questa missiva aveva rivelato la sua intenzione di farla finita, ringraziando questo ragazzo, l'unico che gli era stato vicino.
La madre ha scoperto dell'esistenza della lettera solo quattro giorni dopo la sua morte, con il dubbio che forse il figlio potesse essere salvato. L'ennesimo grido di aiuto sottovalutato e rimasto inascoltato.
Purtroppo gli insulti non sono terminati con la morte di Michele. Le offese sono continuate online e lui è stato deriso anche il giorno dei funerali da un coetaneo: "Non può essere lui nella foto sulla bara, dal vivo era brutto e storpio".
Dopo la morte di Michele, in seguito alla denuncia dei genitori, è stata aperta un'indagine per istigazione al suicidio. Si è conclusa con l'archiviazione.
"Dopo quasi quattro anni, il magistrato mi ha detto che non poteva accusare nessuno" racconta la madre. La delusione dei familiari è ancora grande per questo epilogo. "Mio figlio non c'è più e io ho solo foto e ricordi che mi fanno andare avanti" sottolinea.
Nonostante l'enorme dolore e le accuse ricevute ("Mi hanno detto che racconto bugie"), gli episodi di bullismo che anche lei subisce, l'omertà e i dubbi emersi durante le indagini, Maria Catrambone ha trovato comunque il modo di onorare la memoria di suo figlio.
Nel 2018 la famiglia di Michele ha fondato l'ODV "Miky Boys- Associazione contro il bullismo", affinché ciò che è successo al loro amatissimo figlio non accada anche ad altri ragazzi.
Maria, che è stata ospite in diverse trasmissioni televisive, partecipa a incontri e convegni nelle scuole per raccontare la storia di Michele. Esperienze emotivamente coinvolgenti e anche non semplici, ma che le hanno regalato molte soddisfazioni.
"Dopo la mia testimonianza di mamma, i ragazzi vengono ad abbracciarmi. Mi dicono: 'Michele vive, Michele sta facendo qualcosa, il suo gesto non è stato vano'. Alcuni professori mi hanno scritto ringraziandomi, perché dopo aver conosciuto la storia di mio figlio i bulli sono cambiati e questo non può che rendermi felice" sottolinea.
Maria evidenzia come sia necessario un cambiamento che coinvolga non solo i ragazzi, ma anche gli adulti, oltre a una maggiore presenza delle istituzioni. Spesso assenti.
A Rivoli la tomba di Michele è stata vandalizzata. L'ennesimo oltraggio alla memoria del 17enne che ha spinto la famiglia a trasferirsi in Calabria, in privincia di Crotone, nel paese in cui Maria è nata.
"Michele è qui vicino a noi, nella tomba di famiglia" racconta. Una scelta non facile, ma necessaria per poter continuare con la loro vita pensando anche alla sorella di Michele, Jessica.
"Dalla morte di un figlio si sopravvive, non si vive" sottolinea. Nel tono di voce di Maria Catrambone c'è tristezza, ma anche un pensiero che la consola. Racconta di quando Papa Francesco l'ha chiamata al telefono, dopo aver ricevuto una lettera sulla storia di Michele. Suo figlio avrebbe voluto vederlo a Roma: un desiderio che, purtroppo, non è riuscito a realizzare.
"Attraverso di me Michele ci ha comunque parlato con il Papa. Adesso sono in cielo tutti e due e sicuramente si saranno incontrati".