Il Gran Premio del Canada si è concluso tra polemiche, sospetti e ore di attesa snervante. Più di cinque ore dopo la bandiera a scacchi, la FIA non aveva ancora ufficializzato i risultati della corsa, congelati da una serie di investigazioni legate agli ultimi giri disputati sotto safety car.
Al centro del caso, un episodio che ha infiammato il paddock e riportato in superficie vecchie ruggini: Red Bull ha presentato una protesta ufficiale contro George Russell, accusato di una manovra scorretta ai danni di Max Verstappen durante la neutralizzazione. Un gesto apparentemente innocuo, ma che secondo la squadra campione del mondo avrebbe potuto costare caro al rivale.
La miccia si è accesa negli ultimi giri del GP, quando, dietro la safety car, George Russell avrebbe improvvisamente frenato in modo anomalo dopo aver controllato la posizione di Verstappen negli specchietti retrovisori. Un’azione che ha costretto l’olandese a superarlo momentaneamente per evitare un contatto, innescando immediatamente le proteste di entrambi i piloti.
Russell ha chiesto ai commissari di valutare la condotta di Max, mentre Red Bull ha reagito con fermezza, presentando una protesta formale per “condotta antisportiva” da parte del pilota Mercedes. Christian Horner, team principal della Red Bull, ha reso noto di aver consegnato alla FIA le telemetrie del momento incriminato, sottolineando come il deposito ufficiale del reclamo sia costato 2.000 euro.
L’episodio ha riacceso una rivalità già nota: tra Russell e Verstappen non corre buon sangue da tempo. Il loro rapporto si è incrinato dopo uno scontro verbale acceso in Qatar 2024, e da allora i due hanno continuato a punzecchiarsi dentro e fuori la pista. Solo una gara fa, in Spagna, Verstappen ha ricevuto una penalità di dieci secondi per un contatto proprio con il numero 63 della Mercedes. Secondo alcuni osservatori, l’azione di Russell in Canada sarebbe stata una provocazione calcolata, volta a spingere Verstappen a una reazione che potesse costargli una sanzione pesante, se non addirittura una sospensione — considerando che all’olandese manca solo un punto per raggiungere il limite annuo di penalità che comporta l’esclusione da un GP.
Dopo 45 minuti di confronto con i commissari sportivi e diverse ore di attesa, la decisione è arrivata: reclamo respinto. Il collegio arbitrale formato da Ennser, Selley, Bernoldi, Corsmit e Demers ha accettato la versione fornita da Russell, che ha giustificato la frenata improvvisa come un’azione tecnica necessaria per mantenere in temperatura i freni, prassi comune in regime di safety car. La FIA ha preso atto delle prove fornite da entrambe le parti e ha sottolineato come, sebbene la traiettoria di Russell potesse sembrare discutibile, non ci fossero motivi sufficienti per imporre una penalità o modificare il risultato del Gran Premio.
In particolare, la direzione gara ha evidenziato che la corsa si sarebbe conclusa in regime di neutralizzazione, senza una vera ripartenza, il che rendeva irrilevante ogni manovra in chiave strategica. Secondo quanto riportato nel comunicato, “non è stato violato alcun regolamento in maniera palese” e “non c’erano gli estremi per sanzionare il comportamento del pilota Mercedes”. Di conseguenza, il risultato in pista è rimasto invariato, con Russell e Verstappen che hanno mantenuto le rispettive posizioni al momento del traguardo.
Il post-gara di Montréal ha dimostrato ancora una volta quanto il clima in Formula 1 sia teso e carico di nervosismi latenti. Se da un lato la FIA ha cercato di chiudere in fretta il caso con una decisione tecnica, dall’altro resta evidente la crescente ostilità tra due piloti che potrebbero rappresentare il futuro (e il presente) della categoria. L’episodio canadese non è stato abbastanza grave da alterare il risultato, ma ha contribuito ad alzare la temperatura in vista delle prossime gare.
Max Verstappen rimane sotto osservazione per via della sua situazione disciplinare, e George Russell non sembra intenzionato ad abbassare il tono dello scontro. Il campionato è ancora lungo, ma è chiaro che, oltre alle strategie e alla velocità, sarà la gestione dei nervi a fare la differenza nella corsa al titolo — o alla reputazione.