L’operazione militare lanciata da Israele contro l’Iran ha immediatamente catalizzato l’attenzione internazionale, aprendo un nuovo capitolo di tensioni nel già complesso scenario mediorientale. Tel Aviv punta a colpire il programma nucleare iraniano ma le implicazioni di questa azione vanno ben oltre il semplice obiettivo militare. In un clima di crescente incertezza, la domanda che molti si pongono è se Israele miri realmente a un cambio di regime a Teheran, e quali potrebbero essere le conseguenze politiche e sociali per l’Iran e per tutta la regione.
Nelle prime ore del 13 giugno, Israele ha lanciato un’operazione militare contro l’Iran. L’azione di Tel Aviv mira al programma nucleare iraniano, che l’amministrazione israeliana ritiene una minaccia esistenziale.
Nella quinta giornata del conflitto, le parti si scambiano attacchi in un contesto più ampio e complesso.
Anche se è difficile prevedere le conseguenze di questa operazione, fin dalle prime ore la comunità internazionale si concentra sugli effetti della guerra sulla politica iraniana.
Durante gli attacchi israeliani, diversi alti comandanti dell'esercito iraniano sono stati uccisi e sono stati presi di mira impianti nucleari.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non ha escluso di colpire la Guida Suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei. I media statunitensi avevano riportato il giorno precedente che il presidente americano, Donald Trump, avrebbe posto il veto al piano israeliano di uccidere Khamenei.
L’ipotesi di colpire la Guida Suprema iraniana accende il timore di una crisi ancora più profonda e imprevedibile. Netanyahu non ha svelato piani concreti, limitandosi ad affermare che "stiamo facendo ciò che dobbiamo fare".
EXCLUSIVE: Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu doesn't rule out eliminating Iran's supreme leader in an ABC News interview. https://t.co/JfG1cipS7U pic.twitter.com/AJOX08AJcy
— ABC News (@ABC) June 16, 2025
Il cambio di regime quindi non è l'obiettivo ufficiale della guerra. In effetti, le precedenti dichiarazioni dell'amministrazione israeliana indicano questo. Tuttavia, se l’obiettivo di Tel Aviv è quello di indebolire la Repubblica islamica, un eventuale cambio di regime potrebbe essere un risultato indiretto del conflitto.
Netanyahu aveva affermato in un'intervista a Fox News il 15 giugno che l'operazione militare potrebbe portare al crollo del regime:
Nonostante ciò, nessuno aveva previsto la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria, avvenuta nel dicembre 2024, così come nessuno si aspettava la lunga incertezza e instabilità politica, economica e sociale seguita alla caduta dei regimi di Saddam in Iraq o Gheddafi in Libia.
Gli analisti concordano sul fatto che la maggioranza degli iraniani sarebbe favorevole alla caduta del regime ma mettono in guardia contro un rimodellamento dell'Iran attraverso la forza o un intervento straniero.
Da quando Israele ha lanciato l’Operazione Rising Lion, non sono state verificate proteste diffuse contro il regime.
Non sono però mancati attori che hanno rivolto appelli diretti al popolo iraniano affinché si unisca contro il regime. Il figlio dell’ultimo scià dell'Iran, Reza Pahlavi, per esempio, il 13 giugno ha invitato gli iraniani a rovesciare il regime.
هممیهنان،
— Reza Pahlavi (@PahlaviReza) June 13, 2025
علی خامنهای، رهبر نابخرد رژیم ضدایرانی جمهوری اسلامی بار دیگر ایران ما را درگیر جنگ کرده است؛ جنگی که جنگ ایران و ملت ایران نیست، جنگ جمهوری اسلامی و خامنهای است.
پیام من به نیروهای نظامی، انتظامی و امنیتی روشن است: این رژیم و سرکردگان فاسد و نالایقش نه برای جان…
La pressione su Khamenei sta aumentando. Allo stesso tempo, di fronte all'insoddisfazione politica, sembra intensificarsi anche il nazionalismo e la solidarietà nazionale. Questo però non significa necessariamente una dimostrazione di sostegno al regime né un ribaltamento immediato.
I dissidenti del regime, come il premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi, chiedono la fine della guerra ma anche le dimissioni del governo attuale.
Iranian Civil Society Says No to War!
— Narges Mohammadi | نرگس محمدی (@nargesfnd) June 16, 2025
In a statement published in Le Monde today, prominent figures from Iranian civil society have united to say No to War.
Among the signatories are Nobel Peace Prize laureates Shirin Ebadi and Narges Mohammadi, Palme d’Or-winning filmmaker… https://t.co/h7MWmtA2hl
L’operazione israeliana ha messo sotto pressione la leadership iraniana e alimentato un dibattito internazionale sulle possibili conseguenze di questa escalation. Sebbene il cambio di regime non sia un obiettivo ufficiale, non è da escludere che un indebolimento della Repubblica islamica possa portare a trasformazioni radicali, volute o impreviste. Intanto, dentro l’Iran, la situazione resta fluida. In questo contesto, il futuro dell’Iran appare incerto, segnato da una guerra che potrebbe avere effetti ben più profondi di quelli immediatamente visibili.