L’incidente probatorio sul caso del delitto di Garlasco segna una nuova, cruciale tappa nell’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007. I lavori, avviati nei laboratori del Gabinetto di Polizia Scientifica della Questura di Milano, vedono protagonista uno scontro serrato tra periti, consulenti tecnici e legali delle parti coinvolte, mentre si fa sempre più acceso il dibattito sulle tracce di sangue e sul mistero dell’impronta 97F.
L’incidente probatorio, disposto dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia, Daniela Garlaschelli, è stato affidato ai periti Denise Albani (genetista) e Domenico Marchigiani (dattiloscopista). Il loro compito è riesaminare, alla luce delle nuove tecnologie forensi, i reperti custoditi per quasi due decenni: frammenti di DNA sotto le unghie della vittima, tracce biologiche, impronte digitali e palmati, oggetti come confezioni di tè, yogurt, biscotti e la spazzatura ritrovata nella villetta di via Pascoli, teatro del delitto.
La prima giornata ha visto la verifica della catena di custodia dei reperti e l’inizio delle analisi su oltre metà delle trenta impronte raccolte. Le aspettative sono alte, ma la partenza si rivela subito “in salita”: su diciotto impronte già esaminate, nessuna traccia di sangue è stata individuata, nemmeno sulla famosa traccia numero 10, rinvenuta sulla parte interna della porta d’ingresso della villetta. “Non c’è sangue sull’impronta 10”, è la sentenza che arriva dai laboratori.
La conservazione dei reperti si rivela un punto critico. Le impronte non sono state raccolte su para-adesivi, materiale standard per la conservazione delle tracce, ma su fogli di acetato, meno conservativi e quindi più soggetti al deterioramento. Questo riduce la possibilità di ritrovare materiale biologico dopo quasi diciotto anni, soprattutto per quanto riguarda l’estrazione di DNA e la ricerca di tracce ematiche. Inoltre, manca il reperto dell’intonaco relativo all’impronta palmare 33, che non è stato ritrovato tra i materiali da analizzare.
Le analisi proseguiranno nei prossimi giorni sulle restanti dodici impronte e sulla spazzatura, che verrà esaminata giovedì 19 giugno, dopo il recupero del verbale di sequestro. L’obiettivo è chiaro: cercare tracce di sangue e profili genetici che possano aiutare a riscrivere la verità giudiziaria su un caso che ha già portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima, e che ora vede indagato Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara.
L’incidente probatorio si svolge in contraddittorio tra le parti, con la partecipazione di alcuni tra i migliori genetisti e dattiloscopisti italiani. Ogni mossa viene seguita da consulenti e legali delle parti interessate: la difesa di Andrea Sempio, quella di Alberto Stasi e i rappresentanti della famiglia Poggi. Il clima è teso, le posizioni sono distanti.
Luciano Garofano, consulente della difesa di Andrea Sempio, non nasconde le sue scarse aspettative: “Credo nell’innocenza di Andrea Sempio fino a prova contraria – ha detto Garofano – e non mi aspetto risultati eclatanti. Vedremo che risultati saranno raggiunti insieme a tutti noi e ci ragioneremo, come sempre”. Dall’altra parte, l’avvocata Giada Bocellari, che assiste Alberto Stasi, ammesso a partecipare all’incidente probatorio in qualità di persona interessata, dichiara: “Se facciamo le analisi è perché ci aspettiamo qualcosa. Poi se ci sia effettivamente qualcosa, è un altro discorso. Lo vedremo, sono passati 18 anni”.
Al centro dell’attenzione c’è l’impronta 97F, rilevata sul muro sinistro che costeggia la scala verso la tavernetta, luogo in cui venne rinvenuto il corpo di Chiara. Secondo gli inquirenti, si tratta di una traccia catalogata come impronta di sangue strisciata, che potrebbe essere stata lasciata dalla mano sinistra del killer mentre, con la destra, imprimeva contestualmente l’impronta palmare denominata “traccia 33”, attribuita a Andrea Sempio. Gli esperti sostengono che la traccia 97F, per la sua posizione e morfologia, potrebbe essere riferita allo strofinio di una mano dell’aggressore, forse proprio la mano sinistra che ha toccato la maglietta del pigiama di Chiara sulla spalla sinistra, sporcandola di sangue nell’atto di sollevare e gettare la vittima a faccia in giù lungo le scale.
Tuttavia, il consulente della famiglia Poggi, Marco Radaelli, è perentorio: “L’impronta 97F? Non è attribuibile a nessuno. Noi sappiamo che la traccia 97F è quella che certamente ha toccato la maglietta del pigiama che Chiara indossava, ma non è ovviamente attribuibile, si tratta di un’impronta su un tessuto e non è chiaramente classificabile”. La diatriba resta aperta: per gli inquirenti, potrebbe essere la “firma” del killer; per i consulenti di parte, non è possibile attribuirla con certezza a nessuno.
Le nuove analisi serviranno a confrontare i profili genetici di diversi soggetti coinvolti nell’indagine: Andrea Sempio, Alberto Stasi, le gemelle Paola e Stefania Cappa (cugine di Chiara), Marco Panzarasa (amico di Stasi) e altri amici di Marco Poggi e Andrea Sempio. L’obiettivo è individuare eventuali compatibilità genetiche che possano far luce sui tanti interrogativi ancora aperti.
Intanto, i lavori proseguiranno per almeno 90 giorni, con la possibilità di eventuali proroghe. L’udienza per presentare gli esiti in contraddittorio tra le parti è già fissata al 24 ottobre. “Non è più il tempo di ipotesi investigative e suggestioni più o meno giornalistiche. Quella che inizia oggi è la fase cruciale per capire se ci sono riscontri concreti per riscrivere la verità giudiziaria sull’omicidio di Chiara Poggi”, sottolineano i cronisti giudiziari.