La tradizione dell’acqua di San Giovanni, celebrata nella notte tra il 23 e il 24 giugno, è uno dei riti popolari più affascinanti e diffusi in Italia. Si tratta di un gesto propiziatorio che unisce antiche credenze pagane e simbolismi cristiani, con l’obiettivo di attirare fortuna, salute e protezione. Al centro di questo rito c’è la preparazione di una speciale acqua profumata, ottenuta lasciando in infusione fiori ed erbe spontanee raccolti al tramonto. Ma quali fiori si possono utilizzare? E, una volta terminato il rito, dove va buttata l’acqua di San Giovanni?
Non esiste una lista rigida di fiori e piante da utilizzare: la tradizione suggerisce di raccogliere ciò che la natura offre in questo periodo, privilegiando le specie spontanee, commestibili e prive di tossicità. Tuttavia, alcune essenze sono particolarmente legate al rito per la loro simbologia e le proprietà attribuite.
Ecco i fiori e le erbe più comuni da mettere nell’acqua di San Giovanni:
La scelta può essere arricchita con altri fiori di campo, petali, foglie aromatiche e perfino fiori di alberi da frutto, purché siano commestibili e sicuri. L’importante è raccoglierli con rispetto, senza danneggiare la pianta madre e scegliendo esemplari sani.
Una volta concluso il rito, la mattina del 24 giugno, l’acqua di San Giovanni viene utilizzata per lavare viso e mani, in un gesto di purificazione e rinnovamento. Ma cosa fare dell’acqua rimasta?
Secondo la tradizione, l’acqua di San Giovanni non va mai gettata nello scarico o nella spazzatura, perché è considerata carica di energie positive e benedizioni raccolte durante la notte magica. Le modalità più rispettose e simboliche per smaltirla sono:
In ogni caso, è importante evitare di gettare l’acqua di San Giovanni in luoghi sporchi o inquinati, per non disperdere il valore simbolico e spirituale che le viene attribuito.