Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007, continua a generare inquietudine e interrogativi a quasi diciotto anni dai fatti. Le ultime intercettazioni emerse, in particolare l’audio shock delle zie della vittima, gettano nuova luce su uno degli aspetti più controversi dell’inchiesta: l’orario della morte di Chiara e le possibili implicazioni sugli alibi dei familiari e sulla ricostruzione del delitto.
Il 12 febbraio 2008, Maria Rosa Cappa, madre delle gemelle Stefania e Paola, si sfoga al telefono con la sorella Carla dopo un lungo colloquio con la pm Rosa Muscio, titolare dell’indagine. In quel periodo, la procura stava rivalutando gli alibi di Maria Rosa e delle sue figlie, mai formalmente indagate, ma sentite a lungo dagli inquirenti. «Carla! Dodici ore sono stata là… dalle 11.30 della mattina, siamo andate tutte e tre… ognuna quattro ore», racconta Maria Rosa, sottolineando la pressione subita durante gli interrogatori e la minuziosità delle domande sugli spostamenti, gli scontrini e persino l’abbigliamento di quella mattina.
La conversazione si fa tesa quando Carla osserva: «A loro fa tanto comodo spostare l’orario di quando è morta Chiara! Perché se Chiara è morta alle 9.30-10, ci siete dentro voi altri, ammesso!». Il riferimento è chiaro: la collocazione temporale dell’omicidio potrebbe cambiare completamente il quadro degli alibi e delle responsabilità.
La questione dell’orario della morte di Chiara Poggi è sempre stata centrale e controversa. Le sentenze hanno collocato il decesso in una finestra di circa 24 minuti, tra le 9.12 (quando Chiara disattiva l’allarme di casa) e le 9.36 (quando Alberto Stasi, poi condannato, riaccende il suo pc). Tuttavia, la difesa di Stasi e alcune perizie hanno più volte contestato questa ricostruzione, mentre la pm Muscio in passato aveva anche ipotizzato un orario più tardo, tra le 12.20 e le 13.49, sulla base di nuovi elementi informatici e telefonici.
Questa incertezza ha alimentato sospetti e tensioni tra i familiari, come emerge dalle intercettazioni delle zie e delle cugine di Chiara, che si sentivano sotto pressione e temevano che una diversa collocazione temporale potesse metterle in difficoltà.
Le nuove indagini della Procura di Pavia hanno riacceso anche la pista del doppio killer. Secondo i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano, le ferite rilevate sul corpo di Chiara – sia da taglio che da percosse – suggerirebbero l’uso di almeno due armi e, di conseguenza, la presenza di più persone sulla scena del crimine. L’autopsia del dottor Marco Ballardini già nel 2007 aveva ipotizzato l’impiego di strumenti diversi: uno pesante, forse un martello “a coda di rondine” mai ritrovato, e un oggetto tagliente, compatibile con le ferite sulle palpebre e sulla mascella della vittima.
Questa teoria, inizialmente accantonata, è tornata di attualità grazie a nuove analisi genetiche e consulenze tecniche, che puntano a rafforzare l’ipotesi di un omicidio commesso “in concorso” e non da un solo individuo.
Nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi, il caso Poggi non smette di sollevare dubbi. Le intercettazioni delle zie, la rivalutazione degli alibi e la tesi del doppio killer alimentano la sensazione che la verità su quanto accaduto quella mattina a Garlasco non sia stata ancora del tutto svelata.
La riapertura delle indagini e la riesamina dei reperti potrebbero portare a nuovi sviluppi, mentre la comunità e la famiglia Poggi continuano a chiedere giustizia e chiarezza su uno dei più discussi misteri della cronaca italiana.