La riforma dell’Irpef, recentemente introdotta dal governo, ha portato una ventata di ottimismo tra milioni di pensionati italiani, che potrebbero beneficiare di aumenti mensili fino a 120 euro nelle loro buste paga pensionistiche. Ma chi sono i destinatari di questi benefici? E quali sono i criteri per accedere a questi incrementi? In questo articolo, approfondiamo tutti i calcoli e le dinamiche della riforma, spiegando anche a chi spettano effettivamente gli aumenti.
La riforma fiscale dell’Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) ha ricalibrato le aliquote e le soglie di reddito, con l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale sulle fasce di reddito medio-basse. Questo cambiamento non riguarda solo i lavoratori attivi, ma ha un impatto diretto anche sui pensionati, che vedono ridursi la trattenuta fiscale sulle loro pensioni.
L’effetto più evidente è l’aumento netto percepito ogni mese. Secondo le stime, per alcune categorie di pensionati, questo aumento può arrivare fino a 120 euro mensili. Tuttavia, l’entità dell’incremento dipende da diversi fattori, tra cui l’importo della pensione e la situazione fiscale personale.
Gli aumenti non sono automatici per tutti i pensionati, ma sono legati a specifiche condizioni di reddito e di aliquota applicata. In linea generale, i benefici maggiori riguardano le pensioni di importo medio, cioè quelle che si collocano tra i 1.800 e i 2.500 euro lordi mensili circa. Questi importi, infatti, sono quelli che rientrano nelle fasce di reddito maggiormente interessate dalla riduzione delle aliquote Irpef.
I pensionati con redditi molto bassi, già esenti da Irpef o con aliquote molto basse, beneficiano di aumenti minimi o nulli. Allo stesso modo, chi percepisce pensioni molto elevate vede ridursi l’impatto della riforma, poiché le aliquote superiori restano sostanzialmente invariate o subiscono solo piccoli aggiustamenti.
Per capire quanto effettivamente aumenterà la pensione, è necessario considerare la nuova struttura delle aliquote Irpef e le relative soglie di reddito. In particolare, la riforma ha abbassato le aliquote per le fasce di reddito comprese tra 15.000 e 28.000 euro annui, che corrispondono grossomodo a pensioni mensili tra 1.250 e 2.300 euro.
Ecco un esempio pratico: un pensionato che percepisce circa 1.900 euro lordi al mese (poco più di 22.000 euro annui) potrà beneficiare di una riduzione dell’aliquota Irpef dal 27% al 25%. Questo si traduce in un aumento netto mensile che può superare i 100 euro, arrivando in alcuni casi fino a 120 euro, a seconda delle detrazioni e delle altre trattenute previste.
Per i pensionati che percepiscono la pensione minima (intorno ai 500-600 euro al mese), la riforma Irpef non porta sostanziali aumenti, poiché già oggi sono esenti da Irpef o pagano aliquote molto basse. Invece, per le pensioni più alte (oltre i 2.500-3.000 euro lordi mensili), l’impatto della riforma è limitato, perché la riduzione delle aliquote riguarda soprattutto le fasce intermedie.
Ecco una tabella riassuntiva delle principali novità introdotte dalla riforma Irpef 2025 sulle pensioni, con indicazione degli scaglioni, delle aliquote e dei benefici attesi per i pensionati:
Scaglione di reddito annuo | Aliquota Irpef 2025 | Beneficio mensile stimato | A chi si rivolge |
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Fino a 28.000 € | 23% | Fino a 120 € (per pensioni medie: ~1.900-2.300 €/mese) | Pensionati con redditi intermedi |
Da 28.001 € a 50.000 € | 35% | Nessun aumento rilevante (possibili futuri tagli con ulteriore riforma) | Pensionati con redditi medio-alti |
Oltre 50.000 € | 43% | Nessun aumento rilevante (limiti alle detrazioni) | Pensionati con redditi elevati |
Fino a 2.394,45 € lordi/mese | Rivalutazione 0,80% | Aumento automatico per rivalutazione (non legato a Irpef) | Tutti i pensionati (entro soglia) |
Oltre 2.394,45 € lordi/mese | Rivalutazione 0,72% (sulla quota eccedente) | Aumento automatico per rivalutazione (non legato a Irpef) | Pensionati con redditi superiori |
Gli aumenti sulle pensioni dovrebbero essere visibili già a partire dai prossimi cedolini. La riforma Irpef, infatti, è stata applicata retroattivamente per alcune parti, ma l’effetto concreto sulle pensioni dipende anche dai tempi di aggiornamento dei sistemi informatici dell’INPS e delle banche che erogano le pensioni.